Spesso, ai giorni nostri, si sente pronunciare la parola “Discriminazione”, ma vi siete mai chiesti il significato del termine? L’etimologia dal latino è “discrimen” <separazione> e “discernĕre” <separare, distinguere>. Nell’ambito del comportamento e degli atteggiamenti sociali consiste nella considerazione o/e trattamento di un individuo posto su un piano di importanza inferiore, rispetto alla persona che assume quella posizione, in base a un particolare gruppo sociale, classe sociale o categoria a cui la persona appartiene. Portando alla memoria l’orrenda vicenda avvenuta negli anni quaranta e passata alla storia come “Olocausto”, Andra Bucci, sopravvissuta al campo di concentramento di Auschwitz e ospite di un incontro virtuale avvenuto il 13 Aprile del 2021, organizzato dalla rappresentate di Istituto Flavia Cascià in collaborazione con Wave Education, ci ha dato l’onore di sentire la sua testimonianza, se pur con i ricordi sgranati dalla sua tenera età e ha portato all’attenzione proprio il fatto che lei e la sorella, Tatiana Bucci, all’età di 4 e 6 anni, non riuscivano a capire il significato di essere ebree, di appartenere a quella “categoria” di persone, e soprattutto il perché di tutto quello che stava succedendo. Erano spaesate, dice Andra, un po’ come i bambini che ad oggi lasciano la loro casa e passano il mediterraneo o i confini, nella speranza di una vita migliore, con gli occhi pieni di spavento incapaci di darsi una risposta. Andra ricorda bene il giorno dell’arresto, la nonna inginocchiata, la risiera di San Sabba a Trieste, l’arrivo al campo il 4 Aprile del ‘44, il fumo e le fiamme che uscivano dal camino, il freddo, i cadaveri, ma tra questi ci racconta che i bambini, dai dieci anni in giù, esenti dall’appello al lavoro, se pur spaventati e non rincuorati dai genitori, non capivano quello che realmente stava accadendo e per passare le giornate che ormai erano tutte uguali giocavano, formando e lanciandosi tra loro grandi palle di neve a mani nude, senza guanti, e un ragazzino le metteva in fila su un muretto e poi si andava dietro quest’ultimo per fare la guerra. Si giocava anche con i sassi, perché non c’era nient’altro, “si vegetava”. L’incoscienza dei bambini è stata un po’ una fortuna, ma essi sentivano la mancanza del tutto, come della mamma e del cibo, e su di loro venivano fatti degli esperimenti da medici tedeschi. La fortuna di queste due sorelle è stata anche quella di non essere gasate alla prima selezione, come successe a tantissimi altri bambini, forse perché considerate gemelle su cui ampi erano gli esperimenti da fare e perché c’erano dei posti letto dove si dormiva “come delle sardine”. Andra ci dice che ”Nella vita, a volte, devi essere nel posto giusto al momento giusto, come ad esempio trovare lavoro, quindi avere quell’attimo di fortuna”. Ci viene spontaneo pensare che quei soldati tedeschi non avessero umanità, o ne avessero poca e niente come una donna che diede alle due sorelle dei consigli per non essere soggette a esperimenti, ma che comunque con i prigionieri era severissima. Andra li definisce “un gregge di pecore e forse la colpa è la non conoscenza, il non voler sapere, perciò bisogna sempre studiare, pensare con la propria testa e se si sente la paura di essere esclusi dal gruppo per idee diverse bisogna fregarsene”. Questa donna forte non ha paura di ricordare, anche se è doloroso, ma anzi le dispiace che le cose più brutte che hanno vissuto sono state accantonate dalla loro mente perché troppo pesanti. In casa, una volta incontrati di nuovo i genitori, non hanno mai parlato del periodo nel campo ma del periodo successivo, tuttavia raccontò tutto al suo attuale marito che gli insegnò ad aprirsi con gli altri, a cercare gli amici, a non chiudersi come un riccio, perché l’esperienza l’ha segnata inconsciamente; egli le diceva “Se tu non parli e non dici quello che hai nel tuo cuore, nessuno può saperlo”, quindi, dice Andra, “per conoscerci bisogna parlare”. Una cosa che mi ha colpito di questa donna è l’indignazione rivolta all’atteggiamento dell’Italia che non ha mai chiesto pubblicamente scusa per ciò che è accaduto e per il ruolo che il nostro Stato ha avuto in questa vicenda. Dobbiamo fare tesoro della testimonianza e dalle parole di Andra Bucci, ricordandoci che la nostra voce e i nostri pensieri valgono e che tutti siamo uguali. Perciò nessuno deve discriminare il prossimo e tutti dobbiamo sentirci cittadini del mondo, senza differenze. Dobbiamo agire affinchè catastrofi del genere non accadano più e ricordarci che noi ragazzi non possiamo cambiare il passato ma possiamo determinare il futuro.