Rocco Chinnici è stato ed è tuttora un magistrato che viene ricordato meno rispetto ai giudici Falcone e Borsellino. Ma fu colui che diede la svolta decisiva alla lotta alla mafia, dato che il suo nome è legato indissolubilmente all’idea dell’istituzione del “pool antimafia”.
Nacque a Misilmeri nel 1925 e conseguì la laurea a soli 22 anni, esattamente il 10 luglio 1947. Nel 1952 entra in magistratura, inizialmente come uditore giudiziario nel tribunale di Trapani. Dal 1954 al 1966 fu pretore a Partanna; sempre nel ‘66 divenne giudice istruttore a Palermo. Gli saranno assegnati diversi casi di omicidi mafiosi: la Strage di Viale Lazio del 1970, l’omicidio di Cesare Terranova del 1979, gli omicidi di Emanuele Basile e del procuratore Gaetano Costa del 1980 etc. Dopo l’omicidio di Gaetano Costa, tra l‘altro uno dei pochi che combatté la mafia sin dagli anni ‘60, Rocco Chinnici capì che l’isolamento dei servitori dello stato li espone all’annientamento e li rende vulnerabili, in particolare i giudici e i poliziotti poiché, uccidendo chi indaga da solo, si seppellisce con lui anche il portato delle sue indagini. Quindi ebbe l’idea di costituire un Ufficio dove i magistrati potessero condividere le loro indagini: il pool antimafia. In questo pool vengono inseriti alcuni giovani magistrati, tra cui Giovanni Falcone e Paolo Borsellino; il primo vero risultato importante è il celeberrimo maxiprocesso di Palermo. Ma alle 7:56 del 29 luglio 1983 una Fiat 126 verde, con 75 kg di tritolo, esplode davanti la casa del magistrato e viene ucciso assieme ai due componenti della scorta e il portiere del palazzo. L’unico superstite fu l’autista Giovanni Paparcuri, che riportò gravi ferite.
Chinnici fu un magistrato che sin da subito capì il pericolo della droga. Ecco una sua dichiarazione a riguardo nell’intervista a I siciliani di Pippo Fava:
«Sono i giovani che dovranno prendere domani in pugno le sorti della società, ed è quindi giusto che abbiano le idee chiare. Quando io parlo ai giovani della necessità di lottare la droga, praticamente indico uno dei mezzi più potenti per combattere la mafia. In questo tempo storico infatti il mercato della droga costituisce senza dubbio lo strumento di potere e guadagno più importante. Nella sola Palermo c’è un fatturato di droga di almeno quattrocento milioni al giorno, a Roma e Milano addirittura di tre o quattro miliardi. Siamo in presenza di una immane ricchezza criminale che è rivolta soprattutto contro i giovani, contro la vita, la coscienza, la salute dei giovani. Il rifiuto della droga costituisce l’arma più potente dei giovani contro la mafia.»