Patroclo e Achille: compagni d’armi, compagni di giochi, compagni di morte.
Patroclo a soli nove anni fu esiliato dal padre per aver accidentalmente ucciso un uomo, egli lo mandò a Ftia, dal grande re Peleo. In quei giorni desolati e piatti l’unica persona a scaturirgli una qualsiasi emozione fu Achille: le sue ciocche dorate, i suoi profondi occhi verdi, la perfezione del suo corpo creato per vincere destavano in Patroclo ammirazione e stupore, pareva quasi ammaliato dalla sua perfezione nell’essere un principe, e dalla sua inconsapevolezza di ciò che era, di ciò che rappresentava per Patroclo. I due con gli anni che passavano si unirono nella luce dell’amore che li portò a vivere l’un per l’altro. Il destino di Achille portò entrambi dal centauro Chirone sul monte Pelio, quello fu l’unico posto in cui potevano esser liberi di esprimere l’amore che bruciava nei loro petti dorati, in quanto la dea madre di Achille Teti non poteva osservarli fin lì con sguardi disapprovanti poiché l’amore di Achille: l’Aristos Achaion, ovvero il migliore dei greci, l’Okumoros: dal veloce destino, verso il semplice mortale Patroclo era quasi vergognoso. Dai loro baci fugaci all’età di 17 anni andarono a combattere contro i Troiani. Nonostante la paura che pulsava nei loro cuori Patroclo non avrebbe combattuto, inoltre Achille sarebbe sopravvissuto fino alla morte di Ettore. Dopo dieci interminabili anni di sangue e di terrore il bottino di guerra di Achille: Briseide gli fu sottratto da Agamennone, ad Achille non importava molto la donna in questione ma l’onore che gli avrebbe rubato Agamennone sottraendola. Per questo futile fatto intriso di orgoglio e onore Achille non volle più combattere, i Greci spargevamo sangue nel campo di battaglia, le urla si facevano più laceranti, il terrore riempiva il sangue di tutti coloro che credevano nella forza di Achille, l’unico che sarebbe stato in grado di salvarli. Invece l’unico a salvare l’amore di Achille, l’incolumità di Briseide e la speranza dei Greci fu Patroclo. Egli dopo aver supplicato Achille di combattere per lui scese in campo con la sua armatura dopo avergli stretto la mano per l’ultima volta. Patroclo fu pronto, fu pronto a morire per Achille, al posto di Achille. Fu così che la spada di Ettore gli trafisse il petto, gli congelò lo sguardo, lo portò via dalla metà della sua anima. Achille appena informato dell’oscura notizia desiderava morire perché non sembrava più esserci un motivo per continuare a respirare. La sua ira crebbe, crebbe fino ad esplodere nel corpo di Ettore, commettendo un atto crudele dovuto al dolore che fluiva nella sua anima, dovuto all’amore che gli riempì il suo sorriso, il suo sguardo e il suo cuore pronto a fermarsi per raggiungere per l’eternità il suo Philatos: il più amato. Fu così che le ceneri dei due si mescolarono in un’unica urna, in una sola tomba. Due ombre unite in uno spirale di luce eterna.
L’amore dei due potrebbe essere stato un amore platonico così come potrebbe esser stato un amore romantico, in fin dei conti non sembra avere molta importanza in quanto il muro che separa l’amore dall’amicizia è molto sottile, in quanto alcune relazioni possono essere inetichettabili, possono essere qualcosa al di sopra dell’amicizia e dell’amore romantico, qualcosa che sembra racchiudere la luce del sole e la luce della luna, qualcosa di infinito, una connessione al di fuori del razionale. Non ha importanza da quanto tempo si conosce una persona, non ha importanza l’età, il genere, non ha importanza l’aspetto esteriore, non hanno importanza le parole dette, o forse si, forse difficilmente siamo in grado di dimenticare il passato eppure quando lo si fa sembra di volare fra le soffici nuvole, fra le stelle brillanti, quando siamo in grado di accettare e di perdonare il sole sembra oro, la pioggia argento e il cielo più limpido.
Patroclo e Achille furono agli occhi di tutti due buoni amici ma ai loro una sola anima.