“Leggere è una ricchezza per la persona e per la comunità. E’ una porta che ci apre alla conoscenza, alla bellezza, a una maggiore consapevolezza delle nostre radici, ai sentimenti degli altri che spesso ci fanno scoprire anche i nostri sentimenti nascosti. Non è vero che la lettura sia stata e sia un’abitudine di personalità introverse. E’ vero il contrario: è una chiave per diventare cittadini del mondo, per conoscere esperienze lontane, per capire le contraddizioni e le storture, ma anche per comprendere le grandi potenzialità del mondo che ci circonda, dell’umanità che ci circonda. E’ un modo per far nascere speranze, per coltivarle, per condividerle.” Questa è una parte del discorso del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella in occasione della Giornata mondiale del libro e del diritto d’autore nel 2015. Parole risalenti a 5 anni fa, ma attualissime, versatili, si potrebbe dire anche eterne. Dire libro significa dire libertà, significa ribellarsi all’ignoranza. Il libro è per eccellenza lo strumento di indipendenza dalle catene dell’inciviltà. Ad esprimere al meglio l’impatto del libro è, a mio parere, un’opera di Jorge Mendez Blake, il cui nome ufficiale è “El Castillo”, ma è comunemente conosciuta come “L’impatto del libro”, appunto.
Il successo mediatico dell’opera sta nell’immediatezza del suo messaggio, che ci appare palese. Come riflette lo psicanalista e professore Massimo Recalcati, il muro trasforma il confine in arroccamento, in difesa, in bastione. E il libro invece ha l’effetto, si vede bene in quest’opera, di incrinare la compattezza del muro. Potremmo dire che da questo punto di vista il libro è il grande antagonista del muro, che nessun libro assomiglia ad un muro, salvo i libri che vorrebbero decretare la fine di tutti gli altri libri, i libri che vorrebbero essere il “libro dei libri”. Esiste sempre la tentazione di trasformare un libro in un muro, ma in realtà la vera natura di un libro è quella di essere antagonista al muro, la vera natura del libro è quella di assomigliare al mare, il libro è il luogo dell’aperto. Il muro recinta, chiude, barrica e il libro invece è il luogo di una apertura infinita, di una inesauribilità, il libro è il luogo dell’aperto per eccellenza. Il filosofo Nancy ci ricorda, per esempio, che quando noi entriamo in una libreria e osserviamo i libri, ogni libro ci sussurra: “Aprici! Aprimi!”. Il libro è fatto per essere aperto, in questo senso assomiglia al mare. E assomiglia al mare non solo perché la sua natura è quella di essere aperto, infatti per leggere un libro bisogna compiere il gesto dell’apertura che è un gesto simbolico: aprire il libro significa aprire il mondo, ma anche perché nessun libro può esaurire gli altri libri, nessun libro può essere l’ultimo libro, ogni libro si apre ad altri libri, ogni libro porta con sé la dimensione della inesauribilità, ogni libro decreta la morte dell’idea del “libro dei libri”. È per questo che in tutte le dittature si bruciano i libri. Si tratta di uno strumento usato dalle autorità politiche e religiose per propaganda, per alimentare il fanatismo. Si pensi alle cosiddette Bücherverbrennungen del 1933, roghi organizzati da parte della Germania nazista durante i quali vennero bruciati tutti i libri non corrispondenti all’ideologia nazista. Anche la Chiesa con la creazione nel 1558 dell’Index librorum prohibitorum (Indice dei libri proibiti) ebbe un grandissimo impatto sulla libera circolazione del pensiero, togliendo la libertà di opinione e di espressione. Nella storia dell’umanità fatti di questo genere, purtroppo, sono molti ed anche attuali.
“Là dove si bruciano libri si finisce per bruciare anche gli uomini.” Heinrich Heine
Contro l’odio e la paura, forse solo la cultura può essere un faro al quale aggrapparsi.