Squid Game, la serie tv lanciata sulla piattaforma Netlfix dal 17 Settembre 2021, ha conquistato in brevissimo tempo e in tutto il mondo i cuori di più di 150 milioni di spettatori, successo incredibile, dovuto anche, e soprattutto, alla sua viralità nei social come TikTok e Instagram. Tuttavia, non è una serie divenuta di moda grazie a toni semplicistici nel contenuto ma suggestivi nella presentazione, a differenza delle moltissime serie un tempo di tendenza che l’hanno preceduta, ma anzi un’opera d’arte frutto di un’attenta riflessione filosofica e sociale che riassume in sé la perfetta allegoria della società capitalista e consumista e di stampo neoliberista.
Il racconto, narrato nel corso di nove episodi e ambientato nella Korea del Sud, vede come protagonista il quarantenne Seong Gi-hun, che vive disoccupato e nella povertà insieme alla madre. Il primo episodio evidenzia specialmente un aspetto della vita dell’uomo: il fallimento. Fallimento familiare, fallimento lavorativo, fallimento sociale e fallimento economico. Costui ha fallito nella vita, a tal punto da non avere più modo di riscattarsi, a tal punto da arrivare a dover rinunciare anche ai diritti sul suo stesso corpo, per poter ripagare i debiti da cui è sommerso. Riceve però da un uomo incontrato per caso in metropolitana la possibilità di partecipare a una serie di giochi tradizionali per bambini per vincere una grossa somma di denaro, 100.000.000 di Won, che corrispondono a circa 70 milioni di euro. Lui accetta di partecipare e si risveglia in un luogo insieme ad altri 455 giocatori. A questo punto ci accorgiamo di un’altra cosa: i protagonisti di questi giochi altri non sono che gli “ultimi”, gli emarginati della società coreana (e non solo): un immigrato pakistano, simbolo del razzismo, una nordcoreana arrivata clandestinamente nella Korea del Sud, simbolo del sessismo e della xenofobia verso i provienienti dal Nord, visti come spie, un anziano che soffre di demenza senile privo di safety-net, simbolo dell’ageismo, un membro della mafia sudcoreana, spesso unica possibilità di vita per il sottoproletariato, un imprenditore andato in rovina etc.
Tutti i giocatori vengono quindi portati nel campo dove si svolgerà il primo gioco: Un, due, tre, stella, ed è solo quando questo inizia che si rendono conto che chi perde deve morire. Il luogo allora si trasforma in un macello: più della metà dei concorrenti viene fucilata davanti agli occhi di un soddisfatto spettatore che seduto sulla poltrona si gode la scena con “Fly me to the moon” in sottofondo. Tra il terrore e la paura di tutti, però, l’anziano, ricordandosi di quando da piccolo giocava con gli amici, pur cosciente di essere il pericolo di vita, con atteggiamento nietzschiano si avvia al traguardo ridendo, divertendosi.
Finito il primo gioco, i sopravvissuti chiedono di annullare i giochi e, messa ai voti la decisione, si decide la sospensione del torneo. Tutti i partecipanti tornano dunque alla loro vita quotidiana. Qui però la serie ci porta davanti a una cruda realtà: uscendo da quella gabbia di orrore che era lo Squid Game, i protagonisti trovano un luogo ancora peggiore della gabbia stessa, un inferno, che li stringe in una tanto inevitabile quanto terrorizzante scelta: o morire fuori dai giochi, o provare a sopravvivere dentro. I giocatori sono obbligati a partecipare, a giocare e a far eliminare tutti gli altri concorrenti, se vogliono avere una anche solo remota possibilità di salvezza. Infatti, dopo poco tempo, ritornano quasi tutti allo Squid game, a inseguire quella remota possibilità.
Si susseguono, uno dopo l’altro, i giochi, nei quali anche la più buona delle persone, se vuole vivere, deve schiacciare gli altri, in una visione hobbesiana per cui ogni uomo è lupo per l’altro uomo, e in cui la vita dell’uno costituisce la morte dell’altro.
Nel finale assistiamo allo scontro tra Sang-woo e Seong, che non è solo fisico, ma anche ideologico, fra due modi di agire posti in perfetta antitesi (non a caso, durante le votazioni per la continuazione dei giochi, il primo si era pronunciato a favore, il secondo, contro):
-Sang-woo, amico sin dall’infanzia del protagonista, ha ingannato, messo in difficoltà e ucciso persino i propri compagni e si è servito di qualsiasi mezzo per perseguire il suo fine, la vittoria;
-Seong,, invece, ha sempre cercato, durante tutto il torneo, di aiutare, sostenere e salvare i suoi amici per preservare il suo futuro e quello di tutte le altre persone con lui;
Alla fine, Sang-woo si suiciderà, andando contro l’amico che gli aveva invece offerto la possibilità di vincere insieme.
In conclusione, qual è dunque il messaggio che la serie vuole trasmetterci? Sicuramente si può dire che costituisce una denuncia soprattutto nei confronti del pensiero neoliberista, che vede nella concorrenza spietata la possibilità di una evoluzione della città ma non dei cittadini, dello Stato ma non degli individui, in una prospettiva tanto cruda quanto reale, dandoci quindi i mezzi per una riflessione più acuta sulla nostra società.