Tutti ne parlano, tutti lo temono, c’è chi cerca di trovare conforto nella preghiera e c’è anche chi, seguendo da mattina a sera i telegiornali di tutto il mondo, cerca di captare il maggior numero di informazioni possibili. Insomma, inutile a dirsi, stiamo parlando del Coronavirus. Questo mostro che, da più di un mese a questa parte, si è insidiato nella nostra tanto amata Italia portando con sé non ben pochi cambiamenti e causando un profondo sconvolgimento nelle nostre vite. Quasi da un giorno all’altro, infatti, siamo stati catapultati in un Paese ben diverso da quello che conoscevamo e ci siamo trovati a fare i conti con questo nemico misterioso, invisibile, che se fino ad un attimo prima ci era sembrato così distante, in un batter d’occhio, invece, lo abbiamo trovato a bussare dietro la nostra porta facendoci immediatamente piombare in un’atmosfera colma di paura, tristezza e tanto dolore. Tutti quanti perciò, con l’avvento delle sempre più numerose restrizioni, abbiamo cominciato a sentire la mancanza di quella nostra routine che fino a uno o due mesi fa avevamo tanto odiato e ci siamo resi conto di come, in periodi difficili come questi, siano proprio le cose semplici della quotidianità a riempire la nostra vita, e anche di come, proprio queste, siano le prime a mancarci una volta che ne siamo privati. A questa quarantena ognuno di noi ha reagito in maniera più o meno differente: alcuni hanno riscoperto la gioia di stare insieme alla propria famiglia, altri si sono cimentati in prove culinarie, altri hanno trasformato la loro casa in una palestra, e c’è anche chi, più semplicemente, ha riscoperto il piacere di farsi una bella dormita. Ma da dove ha avuto origine questa quarantena della quale oggi tanto parliamo e chi furono i primi ad escogitare questa forma di isolamento? Come ben sappiamo dallo studio della storia e come ci hanno tramandato grandi autori quali Boccaccio nel “Decameron” e Manzoni nei “Promessi Sposi”, il 1348 fu un anno durissimo per l’Europa e in particolar modo per l’Italia poiché si assistette alla prima grande ondata di peste nera che decimò un quinto della popolazione. Così la Repubblica Serenissima di Venezia, spaventata dalle possibili conseguenze che avrebbe portato questa epidemia, chiamò in aiuto i provveditori della sanità, i quali inventarono la quarantena. Come suggerisce la stessa parola, questo metodo consisteva nel lasciare per quaranta giorni fuori dalla città qualsiasi nave proveniente da Oriente o da eventuali zone a rischio; in questo modo, qualora l’epidemia non si fosse rivelata, la nave avrebbe potuto attraccare nel porto veneziano e le merci sarebbero state scaricate, in caso contrario, invece, tutto l’equipaggio sarebbe morto sulla nave senza provocare contagi in città. Le regole della quarantena erano ai tempi molto rigide e l’attesa dei quaranta giorni era prevista per tutti gli individui indifferentemente dalla classe sociale d’appartenenza (dai principi agli schiavi e così via); inoltre quando la situazione diventava ingestibile, lo Stato interveniva varando numerosi provvedimenti. Tra questi ultimi il più importante fu sicuramente la costruzione dei lazzaretti, ossia centri realizzati lontano dalla città nei quali venivano ricoverati gli appestati e i malati di vario tipo. Il primo fu edificato nel 1423 sull’isola di Santa Maria di Nazareth, detta Nazarethum, da cui probabilmente si originò il nome “lazzaretto”; secondo altri invece tale sostantivo avrebbe origini bibliche e sarebbe da ricondurre a Lazzaro, il mendicante lebbroso della famosa parabola evangelica guarito da Gesù. Indipendentemente da ciò questi sistemi in un primo momento si rivelarono decisamente efficaci, ma, come oggi ci sono coloro che scorrazzano in giro non rispettando le norme, anche ai tempi ci fu chi decise di non osservare la regola della quarantena. L’8 giugno del 1630, infatti, il marchese de Strigis (ambasciatore del duca di Mantova), pur essendo giunto da un luogo in cui erano presenti dei focolai, non venne isolato nel lazzaretto Nuovo e fu invece portato nell’isola di San Clemente. Lì, un falegname che si stava occupando di alcuni lavori di manutenzione venne contagiato portando la malattia in città. Questo apparente minimo strappo alla regola comportò un periodo di 16 mesi con un elevato tasso di mortalità, in cui, nel giro di pochissimo tempo, il numero dei contagiati crebbe a dismisura (si giunse a circa 50mila morti). Da ciò, dunque, dovremmo tutti comprendere come la storia ci abbia veramente insegnato tanto, ma noi purtroppo, anziché prendere coscienza ed imparare dagli errori del passato, spesso ci rendiamo volutamente ciechi e finiamo per ricalcare nuovamente soltanto gli esempi negativi di coloro che ci hanno preceduto.
Gioia Cammarata IV B Classico