Lo Hobbit: Bilbo Baggins, l’eroe improbabile del romanzo

<<Non sono un eroe, né un guerriero, neanche uno scassinatore>>. Queste le parole di Bilbo
Baggins alla fine del film: ‘’Lo Hobbit un viaggio inaspettato’’, tratto dal purtroppo sottovalutato
romanzo “Lo Hobbit” dello scrittore britannico Tolkien, pubblicato nel 1937 come opera
antecedente a un altro capolavoro sia letterario che cinematografico: ‘’Il Signore Degli Anelli’’.
Bilbo è sempre stato un personaggio in cui l’autore stesso si rivedeva, soprattutto negli eventi
successivi all’avventura che affronta, perché questo è anche un romanzo di formazione a tutti gli
effetti.
Umile, buono, dalle maniere più che rispettabili e sopraffini, innamorato della sua amata dimora
hobbit tra le colline ondulate e fiumicelli della cosiddetta ‘’contea’’, in cui è nato e cresciuto, ma da
dove si allontanò a causa di varie peripezie e a cui fece ritorno completamente stravolto. Bilbo era
infatti così affezionato alle comodità di ‘’casa Baggins’’ (ereditata dalla sua famiglia) da non
curarsi delle cose che davvero contassero. <<Da quando i centrini e i piatti di tua madre sono
diventati così importanti per te? Io ricordo un giovane hobbit che andava sempre in cerca di elfi, nel
bosco, che tornava a casa quando era buio seguendo tracce di fango, ramoscelli e lucciole. Un
giovane hobbit che avrebbe solo voluto scoprire cosa c’era oltre i confini della Contea…>> lo
stregone Gandalf, che vide fin da subito in Bilbo ciò che nessuno vedeva, lo rimproverò così per
fargli comprendere quanto fosse ’prigioniero delle sue faccende domestiche, troppo preso da
questioni di poco conto. << Il mondo non sta nei tuoi libri e nelle tue mappe, è la fuori!>> lo
stregone non pronunciò mai infatti parola sbagliata, volendo far capire a Bilbo la concretezza
necessaria nella vita, di toccare le cose con mano e non vederle solo dall’esterno senza intervenire.
Cogliamo dunque il significato profondo del coinvolgimento di Bilbo da parte di Gandalf
nell’avventura per riconquistare l’antico regno della Montagna Solitaria (Erebor); aiutare i nani a
riavere la propria terra e le proprie case, che lui perfettamente aveva con tutte le comodità possibili
per un hobbit di tutto rispetto: è questo che Bilbo doveva ancora capire prima di partire.

Ma perché dovrebbe essere un eroe? Cosa ha visto Gandalf di così diverso in lui, rispetto agli altri
hobbit? La risposta è proprio insita dentro lo stesso Bilbo, solo che lui ancora non lo sapeva. Non si
riteneva per niente all’altezza del compito che gli era stato proposto, quello di “scassinatore”:
prendere l’Arkengemma, un gioiello bianco e luminoso, sorvegliato da un temibilissimo drago
sputafuoco di nome Smaug. Recuperare quell’oggetto era essenziale per conferire potere al
legittimo ‘’re sotto la montagna’’ rendendolo tale, in quanto il gioiello stesso rappresenta il
cimelio della casata nanesca. Facendo questo, avrebbe permesso ai nani di riappropriarsi di quel
regno perduto. Bilbo però esita, non vuole partire, non vuole abbandonare casa Baggins perché
nemmeno Gandalf gli avrebbe potuto assicurare che sarebbe tornato sano e salvo, ma lo stregone
stesso ribadì che se l’hobbit fosse poi ritornato da questo viaggio, non sarebbe stato più lo stesso.
Così fu, Tolkien non descrive il classico eroe che combatte e vince perché è forte e muscoloso,
tutt’altro. Bilbo svariate volte nel libro (e si evince anche dalla trilogia cinematografica) ha
nostalgia di casa, si mostra molto umano senza alcun tipo di potere particolare che lo renda
effettivamente un eroe che il pubblico generalista è abituato a vedere. Tuttavia, quando ad esempio
Bilbo utilizza la spada, scherzosamente paragonata a un tagliacarte per via delle dimensioni ridotte,
si mostra particolarmente eroico perché salva i nani dalle grinfie dei ragni giganti dopo essersi
avventurati nel ‘’Bosco Atro’’. Fu allora che Bilbo diede un nome alla sua stessa spada, ovvero
‘’Pungolo’’, parola che uscì fuori dalle urla di dolore del ragno appena trafitto. Non vuol dire che
stiamo parlando di un eroe senza alcun timore, perché anche quando supera queste avversità rimane
sempre quell’hobbit che in fondo vorrebbe tornare indietro ma che adesso ha capito che non deve
sottrarsi agli impegni presi, comunque si senta e comunque vada. Per questa ragione, non si rifiuta
di entrare da solo nella tana del drago Smaug a Erebor, lui stesso dice di doverci quantomeno
provare nonostante il terrore che provasse, in solitudine, al buio.
Non è la prima volta che Bilbo affronta una situazione del genere nelle tenebre, infatti prima di
addentrarsi nel bosco fronzuto, quando con i nani avevano raggiunto le montagne nebbiose, Bilbo
finisce nella tana di Gollum, una creatura umanoide di cui ancora non si conoscevano le origini e di
cui, all’epoca della stesura del romanzo, ancora non si sapeva che possedesse l’Anello del Potere,
che tanto sarà utile al protagonista contro il drago; tant’è che lo stesso Bilbo lo troverà
accidentalmente a terra, trovandosi tra le mani un oggetto luccicante e freddo mentre cercava di
muoversi nell’oscurità della grotta strisciando contro le pareti (a differenza dell’opera
cinematografica dove invece l’oggetto cade dalla tasca di Gollum e lo hobbit lo raccoglie subito
dopo). Tutto questo per dire che Bilbo Baggins nel corso della sua avventura durata 13 mesi è
cambiato proprio come Gandalf aveva predetto, ma dimostrato anche di sapersela cavare con le
proprie forze donando gradualmente se stesso per salvare gli altri, come quando per impedire la
guerra tra nani, uomini ed elfi che cercavano di riavere un risarcimento per i danni provocati dal
drago: Bilbo diede agli avversari la stessa Arkengemma utilizzandola come merce di scambio così
che in cambio il re nano non avrebbe iniziato la guerra. Al di là degli eventi, è giusto pensare che
Bilbo in realtà sia stato coscienziosamente appoggiato da Gandalf, fiero di aver fatto la scelta
migliore, ma anche di aver trovato un vero amico in Bilbo, il quale ha dimostrato di essere proprio
‘’un eroe improbabile’’.
Carmelo Giuliana, classe VBC