Pirandello a Canicattì!

Alcuni giorni fa, io insieme alla mia classe siamo andati al Teatro Sociale di Canicattì per vedere
una replica tratta da una delle opere di Pirandello “Il berretto a sonagli”. Tutto ciò mi ha fatto
pensare ad un evento importante accaduto nel Novecento: Pirandello a Canicattì.
Secondo varie fonti, nel 1927 Luigi Pirandello venne a Canicattì per “collaudare” il dramma “Sei
personaggi in cerca d’autore” e lo fece proprio al Teatro Sociale della città. Il grande
drammaturgo venne accolto in città da un complesso bandistico in cui ognuno suonava per conto
proprio, qualcuno suonava la marcia dell’Aida, altri addirittura il “Lamento del pastore” del
Cilea, tanto che al gran poeta venne da chiedersi: “Ma che vuol dire, avvocato?” rivolgendosi
all’avvocato Sanmartino (fondatore della Secolare Accademia del Parnaso), il quale prontamente
rispose “Maestro, ciascuno a suo modo!”.
Secondo il Giornale di Sicilia, già dalle 21 un folto pubblico riempiva tutto il teatro, ansioso di
assistere ad una delle migliori produzioni del grande autore. Ci viene raccontato che l’opera fu
seguita con religiosa attenzione, il pubblico applaudì gli straordinari attori, tra cui Marta Abba
(prima attrice). Anche a distanza di tempo, in occasione della traslazione delle ceneri di Luigi
Pirandello nel 1961, proprio Marta Abba disse che conservava un buon ricordo sia di Canicattì,
ma anche del successo riscosso dalla Compagnia del Teatro d’Arte di Roma nella
rappresentazione dei “Sei personaggi in cerca di autore”, ella ricordava anche con commozione i
calorosi applausi ricevuti e ricordò che Pirandello fu chiamato più volte sul proscenio con continue
acclamazioni.
Un’altra testimonianza fu data da Rina Franchetti, che disse: "Poi mi ricordo che noi siamo partiti
la mattina all'alba, in carrozza con le tendine abbassate. E sulla piazza erano già riuniti tutti quei
contadini siciliani, e Picasso (il primo attore) aveva avuto un attimo di panico e diceva: "Qui ci
crocchiano perché pensano che li abbiamo presi in giro". Perché per gente di quel genere andare in
scena con una commedia che non aveva scene, che non aveva sipario, che non aveva costumi,
sembrava proprio una presa in giro! E veramente abbiamo tirato un sospiro di sollievo quando ci
siamo visti in treno". Ma quei contadini visti sulla piazza di buon mattino non avevano niente a

che fare con la rappresentazione: erano dei poveri braccianti che aspettavano di essere chiamati per
lavorare, e la sera erano andati a letto presto per alzarsi all'alba. Forse non sapevano neppure della
presenza a Canicattì di quella Compagnia.
Il Teatro Sociale di Canicattì, durante questa rappresentazione, fu riempito da un “pubblico
scelto”, che aveva pagato per bene il biglietto di questo spettacolo, tanto che vennero fatte opere di
beneficenza, dando il ricavato ad un Orfanotrofio per esempio.
Leggendo queste informazioni una domanda potrebbe sorgere spontanea: “Perché proprio
Canicattì?” La risposta è molto semplice. Canicattì allora era più grande della provincia stessa ed
aveva più di trentamila abitanti. Dopo la costruzione del Teatro Sociale da parte di Ernesto Basile
nell’Ottocento, la città ed il teatro divennero mete delle Compagnie d’arte più prestigiose. Durante
questo periodo esistevano tre Circoli: il Circolo di Compagnia (chiamato anche dei nobili o dei
civili), che associava gran parte della borghesia illuminata; il Circolo dei negozianti e
professionisti, che svolgeva attività culturali e ricreative; il Circolo degli operai, dove si tenevano
animate discussioni di carattere artistico, politico e amministrativo, di cui facevano parte
falegnami, meccanici, muratori, mugnai, a cui erano anche associati quasi tutti i componenti della
banda musicale. Al Circolo di Compagnia fu molto lieto ricevere la cittadinanza onoraria di
Canicattì assieme al diploma della Secolare Accademia del Parnaso, fondata da una schiera di
giovani intelligenti e ironici, i quali si erano divertiti a creare un mondo fantastico in cui tutto si
svolgeva alla rovescia, dove l'immaginazione si confondeva con la realtà, dove la carriera si
percorreva a ritroso, dove i veri maggiori erano i minori, dove gli asini erano "saggi e sapienti" e
dove i soci, detti arcadi, pur se nella vita discordi, si ritrovano poi, in virtù del nel Parnaso, tutti
concordi. Tra i suoi soci più importanti vi furono per alcuni periodi di tempo proprio Luigi
Pirandello, Marta Abba, ma anche Filippo Tommaso Marinetti, Adriano Tilgher (che la definì
la "più audace Accademia satirica italiana"), Leonardo Sciascia e tanti altri.
Aurora Frangiamone, classe IVAC