Sulla magia e sulla delicatezza della Poesia

Che cos’è la poesia? Ad un occhio poco esperto potrebbe sembrare un’accozzaglia di versi,
parole, rime e figure retoriche. Ma è veramente tutto qua?
I più attenti potrebbero dire che la poesia è espressione di una società oppure di un periodo storico:
in realtà la poesia è prima di tutto espressione di un IO che trova la libertà in quei versi, in quelle
parole, in quelle rime e figure retoriche di mostrare ogni angolo di se stesso, anche il più recondito.
Ma la poesia è anche quella costruzione in cui l’io trova il posto di esprimere la sua dissidenza nei
confronti di una situazione, che sia politica, familiare, religiosa; due esempi lampanti potrebbero
essere il poeta latino Lucano che esprime nella sua opera “Pharsalia” la sua dissidenza nei
confronti del potere neroniano o Giacomo Leopardi che lascia trapelare il senso di ribellione nei
confronti dell’oppressione causata dal bigottismo e della tirannia della madre, come si evince anche
dall’infinito- nei confronti di Recanati.
Ma perché ho scelto questo titolo? Beh…perchè la poesia è anche magia, non solo perché vengono
narrate vicende come le numerose metamorfosi, cavalli alati (come nel caso di Pegaso) e altre
misteriose creature…ma anche e soprattutto perché permette ai suoi lettori più attenti di poter
entrare in un mondo, una grande bolla il cui sapone è la mitologia e la leggenda, e l’acqua sono le
riflessioni e l’attivazione della “materia grigia”, per dirla alla maniera di Poirot, che questa crea:
la poesia, infatti, non è soltanto un raccontino in versi, ma è fonte di riflessioni sul presente, spesso
e volentieri legate ad un desiderio di “cambiamento” delle situazioni correnti, rapporto
intellettuale-potere, dei vari modelli, idee e tendenze… che però spesso rimangono cambiamenti
ideali e mai concretizzabili.
E in fine “delicatezza”, che ovviamente non ha bisogno di descrizioni chilometriche; poesia è la
delicatezza, oltre che eleganza, del sentimento, del modo di porsi e di scrivere. Ovviamente la
delicatezza non è caratteristica universale delle composizioni poetiche, bisogna infatti distanziare la
poesia delicata, che culmina nel Dolce Stilnovo ma nasce già nella Grecia arcaica, dalla poesia
giambica, basata invece sull’invettiva e si sbaglia quando si pensa che questa sia propria di autori
quali Archiloco o Lucilio, infatti anche lo stesso Catullo, poeta d’amore per eccellenza, scrive
componimenti abbastanza scurrili, ne è dimostrazione il carme 21 che pur essendo una vera e
propria invettiva non priva di oscenità è posta all’interno della raccolta catulliana, ovvero il Liber.
Il maestro indiscusso della poesia delicata è l’autore greco di età ellenistica Callimaco, il quale
pone come base della sua poesia, oltre la brevitas, anche la λεπτότης (letteralmente tenuità,

delicatezza): unisce dunque un’accurata attenzione al dettaglio e alla forma a quello che è proprio il
canone della delicatezza.
Possiamo notare ciò anche in quelli che sono i suoi componimenti di “difesa” contro i suoi
detrattori, esempio immediato negli “AITIA” è il così detto Prologo dei Telchini in cui con tanta
delicatezza e apparente semplicità riesce a svalorizzare la parola dei suoi detrattori e ad imporre la
sua originalità. Dunque da ciò si può capire che semplicità e delicatezza non sono sinonimi di
scontatezza e debolezza, quanto di eleganza, raffinatezza, ed estremo e preciso controllo delle
parole.
Cleide Callari, classe VBC