Spesso i social network alimentano i peggiori istinti moralizzatori delle persone, dando vita a una versione
moderna e violentissima della gogna pubblica.
Il fenomeno della gogna mediatica riflette l'era digitale in cui viviamo. Questo processo si manifesta infatti
quando un individuo o un'organizzazione viene pubblicamente attaccato, criticato o addirittura “condannato”
sui mezzi di comunicazione di massa, spesso attraverso i social media. Si tratta di vere e proprie “shitstorms”,
valanghe di insulti e critiche feroci, che crescono in maniera esponenziale e finiscono per intaccare la
reputazione della vittima. La gogna mediatica può scaturire da una varietà di situazioni: scandali,
comportamenti controversi o accuse non provate.
In molte situazioni, la gogna mediatica è alimentata dalla rapidità con cui le notizie si diffondono online. Le
informazioni possono diventare virali in pochissimo tempo, portando a giudizi affrettati e reazioni emotive da
parte del pubblico. La disinibizione dinanzi ad una tastiera e il presunto anonimato di cui gode internet
generano una pioggia di parole cariche di aggressività e avversione fuori controllo. Questo ambiente digitale
favorisce la creazione di una narrazione negativa intorno alla persona o all'entità coinvolta.
Un aspetto chiave della gogna mediatica è la mancanza di approfondimento e contestualizzazione delle
informazioni. Spesso, le notizie vengono presentate in modo impressionante, enfatizzando gli aspetti negativi e
trascurando le sfumature della situazione. Questo può portare a un'opinione pubblica distorta e a una distorta
percezione della realtà.
Ma quello della gogna mediatica è un fenomeno all’interno del quale si muovono molti meccanismi, come
quello del “name and shame”. Questo consiste nel denunciare sui social una o più persone per un
comportamento ritenuto inaccettabile con l’obiettivo di 'dare loro una lezione', aizzando gli utenti con parole di
odio.
L’aspetto più drammatico è che l’azione viene fatta in nome di ideali alti e nobili. La psicologia la chiama
dissonanza cognitiva. Un meccanismo che non permette, se ci consideriamo buoni, di accettare il nostro lato
cattivo: così ci si autolegittima pensando di agire per una buona causa. Inoltre chi prova a prendere le difese
dell’accusato, spesso viene indiziato di complicità.
Gli individui o le organizzazioni colpite dalla gogna mediatica possono subire conseguenze devastanti, tra cui
danni reputazionali, perdita di opportunità professionali e impatti sulla salute mentale. C’è chi dopo un
episodio di “public shaming” ha sofferto di stress post-traumatico, chi ha tentato il suicidio.
In aggiunta, la gogna mediatica può influenzare negativamente la giustizia e il processo legale, poiché il
pubblico può formare giudizi prima che vengano presentate prove concrete.
In questi giorni il fenomeno della gogna mediatica si sta accanendo contro Chiara Ferragni, che è solo l’esempio
più recente e sicuramente più emblematico vista la notevole attenzione che mass media e testate
giornalistiche gli hanno dedicato. Altre vittime del public shaming sono Justine Sacco (30enne americana che ha
perso il lavoro per avere postato su Internet un commento male interpretato, più sciocco che razzista); o Jonah
Lehrer (stella nascente della saggistica scientifica, che qualche anno fa si è ritrovato con la carriera rovinata per
avere inventato una citazione di Bob Dylan). In entrambi i casi, è stata la cassa di risonanza di Internet a
fomentare l’indignazione collettiva. È importante sottolineare la responsabilità dei mezzi di comunicazione e
degli utenti delle piattaforme sociali nel gestire le informazioni in modo etico. La corsa alla notizia e il desiderio
di attirare l'attenzione possono portare a un ciclo di gogna mediatica che danneggia irrimediabilmente la vita
delle persone coinvolte.
In conclusione, il meccanismo della gogna mediatica è un riflesso dei tempi moderni, in cui la rapidità delle
comunicazioni e la mancanza di approfondimento possono portare a conseguenze gravi e irreversibili. La
consapevolezza e la riflessione critica sono fondamentali per evitare il perpetuarsi di questo fenomeno e per
promuovere un dibattito pubblico più equo e informato.
“Il punto è stabilire cosa diventi pubblico e non fare delle opportunità democratizzanti dei social media, un
trampolino per la gogna.”
Ginevra Merulla IV B Classico