LA BELLEZZA COME EQUILIBRIO

Macro 4x of a waterdrop on a green blade of grass reflecting our earth. Focus on foreground. Shallow depth of field. North America earth orientation.

La bellezza è quella qualità, percepibile tramite i sensi, che stupisce e allieta l’animo, è quella
“virtù” che rende degno qualcosa o qualcuno di contemplazione; pensiamo per esempio alle
bellissime, ma anche perfette, statue degli scultori Fidia, Policleto o ancora Mirone… questi hanno
saputo rappresentare degnamente il concetto di bellezza, ma anche e soprattutto di equilibrio.
Basta osservare “il Discobolo”, celebre statua di Mirone a noi nota grazie alle numerosissime copie
in marmo create dai romani; questa non rappresenta un atleta in particolare o un uomo-eroe, bensì
l’idea dell’equilibrio tra l’armonia del corpo, del moto e dello spirito.
O ancora nell’ “Apollo Sauroctono” di Prassitele (IV sec.a.C.) abbiamo la figura divina e perfetta di
Apollo che viene ad intrecciarsi con qualcosa di più terreno, cioè, da come si evince anche dal nome
dell’opera stessa, l’azione dell’uccidere una lucertola.
Importantissima, quindi, durante il V-IV sec. a.C. era la concezione di perfezione come declinazione
di due concetti: la bellezza esteriore che diviene bellezza interiore; questo è il concetto della
“καλοκαγαθία”, parola composta da: “καλὸς καὶ ἀγαθός” cioè “bello e buono”.
Questo è ciò che si può notare in ambito scultoreo, cosa possiamo dire della letteratura e della
filosofia?
In modo coevo allo sviluppo della scultura nel V-IV sec. a.C. abbiamo anche una considerevole
crescita della letteratura, proprio in questo periodo infatti nascono: il teatro (tragedia e commedia, si
passò da una all’atra tramite un graduale passaggio), l’oratoria, la storiografia, la prosa scientifica.
Notevole è l’importanza del teatro che non era un semplice evento pubblico bensì era molto di più,
non aveva soltanto un’importanza “poetica” e religiosa, ma anche e soprattutto etica e morale.
Doveva servire come modello di comportamento per tutti i cittadini, modello che doveva portare ad
una condotta equlibrata, che andava a confluire nella figura del cittadino virtuoso (ἀγαθός) infatti
partecipavano alle rappresentazioni tragiche non solo gli uomini più ricchi e rilevanti della polis, ma
anche donne e schiavi.
Parlando di teatro, ma più nello specifico di tragedia, potremmo fare una suddivisione in tre periodi:
la tragedia arcaica con Eschilo, quella di “mezzo” con Sofocle e infine l’ultimo periodo con
Euripide.
I tre articolarono le loro tragedie in tre gruppi tematici diversi: Eschilo lo scontro con Dio, Sofocle
lo scontro tra uomini, Euripide si concentrò sull’interiorità; quest’ultimo proprio per questa
particolare cura e sensibilità che aveva nei confronti della psicologia dei personaggi fu accusato di
aver portato la tragedia al suo epilogo.
In ambito filosofico, invece, a dare la sua opinione sulla bellezza fu Platone; ricordiamo che fu
discepolo di Socrate, nominato uomo più brutto della Grecia, si dice che fosse simile ad un sileno,
non rispettava dunque i canoni della καλοκαγαθία, sebbene sia considerato tra i massimi esponenti
della filosofia, che ha tracciato la linea del pensiero occidentale. Per Platone la bellezza è collegata
all'Eros, il desiderio che spinge l'ascesa dell'uomo verso la verità. L'Eros è proprio il desiderio di
bellezza, di sapienza, ed è suddivisa in diversi gradi: partiamo dall'amore fisico, all'amore per la
giustizia, per la conoscenza e infine per l'assoluto, l'essenza del bello e del bene.
Traendo le somme del discorso possiamo dunque affermare che “il bello” non è soltanto ciò che
appare tale nella sua forma esteriore, ma è anche quella virtù che riesce a colpirci e lascia un segno
nella nostra anima.
A questo punto la domanda sorge spontanea, ma è la bellezza a conferire a qualcuno/qualcosa la
virtù, o è la virtù a conferire bellezza?

Cleide Callari 4Bc