Ortoressia: l’ossessione del mangiar sano

Al contrario di quanto si potrebbe normalmente pensare anche quei comportamenti che possiamo ritenere salutari, possono diventare fonte di ossessione, e quindi nocivi per la nostra persona.
A questo proposito citiamo il filosofo Aristotele:
“Virtus stat in meedis”
Letteralmente: “La virtù sta in mezzo”, locuzione che esorta a ricercare l’equilibrio e di porsi sempre nel mezzo di due estremi
Questa premessa ci permette di capire cosa si cela dietro l’Ortoressia.
In pochi conoscono questo disturbo alimentare ma, di recente, Nutrimente (associazione per la prevenzione, la cura e la conoscenza dei disturbi del comportamento alimentare) ha condotto un’indagine su circa 1200 italiani, uomini e donne di età compresa tra i 18 e i 65 anni per capire quale sia il rapporto delle persone col cibo. Ne è emerso che un italiano su 3 è una potenziale vittima di “Ortoressia”.
L’eccessiva cura al mangiare in modo corretto e salutare, se portato all’estremo, può trasformarsi in una patologica attenzione alla nutrizione. Se, dunque, mangiare sano è una corretta abitudine, l’andare oltre i limiti costituisce, forse senza eccezione, il motore che porta a superare quell’importante limite oltre il quale si passa da una corretta abitudine ad una vera e propria ossessione.
Secondo i dati diffusi dal Ministero della Salute, sarebbero oltre 3 milioni gli Italiani con disturbi alimentari e di questi il 15% soffrirebbero di Ortoressia, con una sorprendente prevalenza di uomini (11,3%) rispetto alle donne (3,9%). Questo tipo di “fanatismo alimentare” può essere facilmente contraddistinto da alcuni rituali compulsivi come quello della perfetta e rigidissima pianificazione della dieta settimanale o da una ricerca esagerata, che può durare anche ore, dei prodotti più salutari.
Si stima che le persone affette da Ortoressia passino più di 3 ore al giorno a pensare al cibo, con dubbi simili a: cosa mangiare e come prepararlo? È salutare o non lo è? Meglio evitare e mangiarlo ogni tanto?
Secondo Sara Bertelli, psichiatra e presidente di Nutrimente Onlus, il confine tra un comportamento alimentare molto attento alla salute e un disturbo vero e proprio è quasi impercettibile, ma ci sono alcuni indicatori che marcano la differenza.
Chi soffre di Ortoressia evita tutti gli alimenti considerati fonte di contaminazione o addirittura anche intere categorie di cibi (come la carne rossa, i salumi o addirittura la frutta e le verdure che si ritiene siano contaminate da pesticidi).
Ma dato che niente è davvero privo di ogni minima contaminazione, la dieta diventa così sempre più restrittiva. Si arriva a rifiutare inviti a cena. Dunque le conseguenze di quest’ossessione sono anche sociali, oltre che fisiche, e chi ne soffre si isola per raggiungere un benessere fisico che alla fine non viene nemmeno raggiunto: si rischia, infatti, di privare l’organismo di nutrienti fondamentali e perciò di essere denutriti.
Si può dunque fare un paragone con la ben più nota anoressia, tenendo comunque conto che quest’ultima è ben diversa e certamente più pericolosa della prima.
In entrambe abbiamo un pensiero nevrotico e ossessivo che ha come oggetto il cibo, ma la finalità è diversa: se nell’anoressico è nel bulimico l’obiettivo iniziale è il raggiungere un peso ideale, l’ortoressico ha come scopo quello di mantenere il proprio corpo sano. Paradossalmente quindi si parte dall’idea di stare bene, con una dieta controllata e apparentemente equilibrata, per poi finire a trasformarsi in una fissazione basata su proprie convinzione non scientificamente valide.
Proprio per la sua natura compulsiva, piuttosto che nei disturbi alimentari, l’ortoressia nervosa è meglio inquadrabile nello spettro ossessivo-compulsivo.