In questo periodo in Iran stanno avvenendo diverse rivolte, soprattutto di donne che protestano per i loro diritti. Tutto è iniziato il 16 settembre 2022, con la morte di Masha Amini, ragazza ventiduenne, arrestata tre giorni prima dalla polizia morale iraniana, a causa di una ciocca di capelli che le usciva dal velo, non indossato in modo adeguato secondo la legge sull’obbligo del velo. Fondato nel 2000, questo organo morale ha il compito di controllare le strade, guardando se le donne siano vestite secondo l’obbligo prescritto. La polizia ha sostenuto che Masha fosse morta a causa di un infarto, ma la famiglia ha sospettato che sia stata picchiata: lo attestano i lividi e le ferite nel suo corpo riconducibili ad un pestaggio. Molti testimoni insinuano che mentre avveniva tutto ciò, la ragazza avesse battuto la testa subendo un’emorragia celebrale.
Questa tragedia è divenuta un simbolo della lotta contro la violenza sulle donne iraniane, che ha dato vita a tantissime rivolte, partendo da Saqqez, la città di Masha, e diffondendosi in tutta la nazione. Queste rivolte nascono per eliminare l’oppressione verso le donne, contrastano le discriminazioni, la repubblica islamica, per ottenere una società libera ed equa; le donne chiedono giustizia, uguaglianza in tutti i settori per un’emancipazione femminile. È inconcepibile pensare che ancora in diversi paesi ci siano queste ingiustizie: la storia ci insegna che molte donne sono morte lottando per i loro diritti. Nel 1936 Reza Shah Pahlavi pensò di evolvere il paese, adattando l’abbigliamento femminile a quello dei paesi occidentali al posto degli abiti tradizionali. Questo però fino al 1979, quando venne eletto il suo successore che pensò di inserire l’obbligo del velo in tutti i luoghi pubblici. L’8 marzo 1979, per la prima volta, le donne iraniane hanno manifestato nelle strade di Teheran, protestando per un diritto fondamentale: la libertà di scegliere come vestirsi. Nonostante la loro resistenza e il sostegno di tanti, nel 1984, il parlamento iraniano approvò che chi non avesse indossato l’hijab per strada sarebbe stata punita con frustate, provvedimento che con il tempo si evolve in diversi modi, come ad esempio in forma di multa.
Nelle proteste di quest’anno, sono migliaia le donne che hanno trovato il coraggio di ribellarsi, andando anche incontro alla morte: una ragazza di 17 anni, Nika Shakarami, della quale la famiglia aveva perso i suoi contatti. Successivamente, è stato ritrovato il suo cadavere, il quale poté essere visto dai genitori solo per alcuni secondi. I familiari volevano seppellire il corpo nel villaggio paterno, facendo una cerimonia funebre, ma è stato loro sottratto e seppellito lontano a loro insaputa.
Ma la mobilitazione continua, nonostante tutto: il musicista Homayoun Shajarian, figlio di una leggenda della musica persiana, ha proiettato una gigantografia di Mahsa Amini come sfondo del suo ultimo concerto. Elnaz Rekabi è stata la prima arrampicatrice iraniana a vincere la medaglia ai campionati di arrampicata. Durante i campionati asiatici Elnaz ha gareggiato per la prima volta senza velo, nonostante fosse un obbligo usarlo anche nelle competizioni: tutti si sono preoccupati per lei e non sapevano cosa le sarebbe successo. Scomparsa e alcuni giorni dopo ritornata in Iran, chiede scusa per l’accaduto dicendo di aver dimenticato di mettere il velo. Adesso ha dichiarato di trovarsi agli arresti domiciliali.
La mobilitazione però si fa sentire anche all’estero. Tantissime donne, anche famose, come Claudia Gerini, e tantissime influencer in queste settimane hanno pubblicato dei video, dove tagliano una propria ciocca di capelli per spedirla all’ambasciata iraniana come segno di pace. Questo gesto dimostra la vicinanza e la solidarietà verso le donne iraniane, le quali proprio adesso scendono per strada con capo scoperto affrontando il loro paese. Anche Federica Sciarelli, la conduttrice del programma “Chi l’ha visto” alcuni giorni fa in diretta si è unita a questo, con la frase “i nostri capelli non devono far paura a nessuno”; Luciana Littizzetto ne parla in tv spiegando che in Iran è un rito tagliarsi i capelli per un lutto, davanti ad una tristezza, un dolore o rabbia: per questo motivo è diventato simbolico. Insomma, noi donne dobbiamo sostenerci tutte a vicenda come sta avvenendo in Iran e non dobbiamo arrenderci, perché la vittoria deve essere nostra.
Sofia Maniscalco IIBC