San Valentino: riflessioni di speranza

Tra le ricorrenze più sentite del mese di febbraio, San Valentino spicca come la festa degli
innamorati, celebrata il 14 di ogni anno. Le sue origini risalgono al 496 d.C., quando papa Gelasio I
decise di sostituire le “Lupercalia”, festività pagane in cui si offrivano sacrifici al dio della fertilità
Luperco. Le Lupercalia si tenevano il 15 febbraio e prevedevano celebrazioni talmente sfrenate da
essere considerate in contrasto con la morale cristiana. Per questo motivo, il pontefice decise di
anticipare la festa al giorno dedicato a San Valentino, trasformandolo nel protettore degli
innamorati. Egli fu il primo religioso a celebrare l’unione tra un legionario pagano e una giovane
cristiana e, proprio per questo, sarebbe stato giustiziato. Morì dunque martire, per la più nobile di
tutte le cause: l’amore.
L’amore è un sentimento atavico, una forza talmente potente da non avere eguali in natura. Eppure,
è anche un concetto estremamente complesso. Gli antichi greci, popolo di grandi filosofi,
distinguevano tre aspetti dell’amore (Eros): anteros, l’amore corrisposto; himeros, la passione del
momento; e photos, l’amore idealizzato.
Molte persone, nel corso della vita, ricercano proprio photos, l’amore perfetto, riversandovi le
proprie aspettative personali e familiari. Tuttavia, guardandoci intorno, sembra che sempre meno
individui riescano a raggiungere questa forma d’amore ideale. Spesso le relazioni non evolvono né
in convivenze né in matrimoni, quasi come se rimanesse sempre l’illusione che possa esistere
qualcuno di più adatto dietro l’angolo. Nella società di oggi, himeros – la passione e l’incontro
sessuale del momento – pare prevalere. Le relazioni stabili diventano chimere, soppiantate da
incontri fugaci, sesso occasionale, brevi percorsi condivisi e amori nati online, pronti a finire per un
mancato “like”. In questo scenario distante dal vero “gioco dell’amore”, finisce col prendere piede
l’“amore malato”: una delle emozioni più forti che l’essere umano possa provare, distorta in
qualcosa di tossico, fatto di gelosia, possessività e controllo.
L’amore malato si manifesta laddove la conflittualità e la mancanza di rispetto diventano una
costante nella coppia. Invece di un clima sereno, si instaura un rapporto di subordinazione (di solito
a carico della donna). Non sono i toni accesi o le discussioni a definire l’amore malato, bensì la
distruzione sistematica operata da un soggetto sull’altro, privandolo gradualmente di libertà di
parola, di espressione e di azione. Si tratta di violenza psicologica: offese, denigrazioni, umiliazioni,
controllo… Non episodi sporadici, ma un insieme di comportamenti che si consolidano nel tempo,
diventando sempre più gravi.
Ogni anno, a San Valentino, il mio pensiero va a tutte le donne che non ci sono più, uccise proprio
dalla persona che, in questo giorno speciale, aveva offerto fiori, cioccolatini e false speranze. E va
anche a coloro che, pur essendo ancora vive, si sentono morte dentro, al punto da non avere più il
coraggio di dire: “Sai, avevo pensato di iscrivermi in palestra, vorrei migliorare un po’ il mio
corpo…” perché sanno già quale sarà la risposta sprezzante: “Ma se sei cessa! Cosa devi
migliorare…?”. Penso a quante donne, proprio il 14 febbraio, hanno sperato in un cambiamento, un
segno di ripartenza, una piccola luce nell’oscurità, ma hanno invece smesso di esistere appena un
mese dopo. Sono troppe! Madri che ingoiano amarezze ogni giorno per non spegnere la speranza
nei figli, mogli e compagne annullate che emergono solo dopo l’ennesima tragedia, l’ennesima
mano alzata nella folle illusione di poter toccare il cielo.
A loro va il mio più accorato appello: “Trovate il coraggio, toccate il cielo!”, magari proprio a San
Valentino.
Damiana Morreale 3BC