ESTRATTO DELL’INTERVISTA A CRISTINA FALSONE

1. Al termine del tuo percorso liceale come hai fatto a scegliere l’università sapendo di questa
tua passione per la moda?
Il giorno del diploma al Liceo Classico Foscolo nel 2012 sapevo già che la mia strada sarebbe
stata quella artistica. Fin da bambina, infatti, ho sempre avuto una passione innata per la
moda e la creatività. Sono cresciuta in una famiglia profondamente legata all’artigianato,
dove la personalizzazione e la creazione di capi, spesso insieme a mia madre, erano una
parte fondamentale della mia quotidianità. Nonostante ciò, la scelta del liceo classico è
stata complessa e, in parte, guidata dai miei genitori. Durante quegli anni ho spesso
percepito una "diversità" rispetto ai miei compagni, molti dei quali oggi sono medici o
professionisti in campi scientifici. Nonostante l’impegno e il rigore degli studi classici,
dentro di me non ho mai abbandonato il sogno di diventare una designer di moda. La
passione per la moda era qualcosa di innato, un tratto che mi ha sempre distinto, anche se
inizialmente non sapevo come esprimerlo concretamente. Quando ho scelto di iscrivermi
all’Accademia di Belle Arti, è stata una sfida. Provenivo da un percorso scolastico che non
mi aveva fornito una preparazione tecnica in ambito artistico. Tuttavia, grazie alla
dedizione e al sacrificio, sono riuscita a colmare quelle lacune e a crescere, trasformando le
difficoltà iniziali in stimoli per migliorarmi. Guardandomi indietro, posso dire che gli studi
classici sono stati fondamentali: mi hanno dato solide basi culturali e metodologiche che mi
hanno aiutata a superare sia le prime difficoltà accademiche. Dopo il diploma
all’Accademia di Belle Arti, il mio percorso non si è fermato. Ho conseguito una laurea
magistrale in Moda presso l’Università IUAV di Venezia e, per consolidare ulteriormente le
mie competenze, ho intrapreso un Master all'Alma Mater Studiorum di Bologna. Non mi
sono mai fermata nella mia formazione, arrivando anche a conseguire un diploma presso
un liceo artistico. Questo viaggio accademico mi ha portata oggi a svolgere un dottorato di
ricerca nazionale in Design per il Made in Italy, un tema che sento vicino per il mio
desiderio di valorizzare il patrimonio del nostro Paese. Il mio percorso dimostra quanto sia
fondamentale credere nei propri sogni, anche quando la strada sembra tortuosa o diversa
da quella degli altri. La moda per me non è mai stata solo una professione, ma un
linguaggio attraverso cui esprimere me stessa e il mio legame con l’artigianato e la mia
famiglia. A distanza di dodici anni dal diploma, posso dire con certezza che ogni tappa,
anche quella più difficile, è stata e continua ad essere decisiva per la mia crescita personale
e professionale.
1. Negli ultimi anni si parla sempre di più del fenomeno del quiet luxury, cosa ne pensi di
questa tendenza?
Il quiet luxury è una risposta interessante alla sovraesposizione dei loghi e al lusso
ostentato. Rappresenta un’evoluzione verso un’estetica più raffinata e discreta, che mette
al centro la qualità intrinseca del capo piuttosto che il riconoscimento immediato. Amo
molto questo approccio perché celebra materiali di pregio, lavorazioni artigianali e linee
senza tempo: il vero lusso, quello che si fa riconoscere solo da chi ha l’occhio per
apprezzarlo! È un concetto che si lega profondamente alla sartoria, un mondo che ho
sempre vissuto da vicino grazie a mia madre. Posso dire con certezza che mia madre ha
incarnato il quiet luxury molto prima che diventasse una tendenza. Durante gli anni 2000,
quando andavano di moda i loghi esagerati, io stessa ero attratta da marchi come

Fornarina, Miss Sixty, Killa e D&G, soprattutto durante il ginnasio, e li indossavo con
orgoglio. In contrasto, mia madre ha sempre scelto capi minimalisti e sartoriali realizzati da
lei stessa e capendo il valore della qualità e dello stile senza tempo. La conferma di quanto
fosse innovativa, fuori dagli schemi e “cool” è arrivata negli anni successivi, quando ho
iniziato ad avere i primi contatti con il mondo della moda a Venezia, a Milano e, in
particolare, durante il mio stage nell’archivio di Max Mara. Questo brand, che è sempre
stato il mio sogno, tra le diverse linee rappresenta una forma quiet luxury: ogni capo
trasmette una bellezza discreta ma potente. Lavorando Archivio di Max Mara, ho
riconosciuto nel loro style e approccio lo stesso spirito che mia madre mi aveva trasmesso
con il suo modo di vestire e di vivere la moda.