Cari lettori, pochi mesi fa in Italia è avvenuto un femminicidio di cui tutti abbiamo sofferto, quello
di Giulia Cecchettin, la centoseiesima giovane donna uccisa a causa della possessività e dell’invidia
di un uomo, vittima della società patriarcale in cui viviamo e paradossalmente si vuole rinnegare,
nonostante siamo perfettamente consapevoli di farne parte. L’omicidio di Giulia ha scatenato un
grandissimo riscontro mediatico nazionale: migliaia di persone sono scese in piazza a ribellarsi e
rivendicare i propri diritti, migliaia di donne hanno avuto il coraggio di denunciare, di abbandonare
la relazione tossica di cui erano prigioniere, alcune scuole hanno fatto minuti di silenzio, altre di
rumore. Il problema pero’ è che non bisogna aspettare che una donna venga uccisa per protestare,
non bisogna aspettare di sentire queste tragedie al telegiornale per darsi una mossa e comprendere
che questa società necessita un cambiamento radicale, cambiamento che deve partire da ognuno di
noi.
Alla fondamentale educazione che i genitori devono impartire a casa va aggiunta anche
un’educazione che dovrebbe fornire la scuola a tutti i suoi studenti. Casa e scuola sono i due pilastri
della vita di un individuo, sono i luoghi in cui ognuno di noi cresce e indipendentemente dal nostro
carattere, personalità, dalle nostre tendenze, queste due istituzioni esercitano una forte influenza,
anche se spesso involontaria. Ecco perché andrebbe promossa l’educazione sentimentale nelle
scuole: ogni donna e ogni uomo necessitano senza distinzione un’istruzione di vita, attraverso la
quale comprendere cosa sia giusto e cosa no, come gestire correttamente i rapporti interpersonali, e
interiorizzare come la violenza, verbale, fisica o psicologica che sia non debba assolutamente essere
esercitata per alcun fine. Proprio recentemente è stata proposta, da parte del ministro dell’istruzione
Giuseppe Valditara, ’ipotesi di un’ora a settimana a scuola di educazione sentimentale. La proposta
prevede anche l'intervento di influencer, cantanti e attori per ridurre le distanze con i giovani e
coinvolgerli a pieno in un percorso di educazione sentimentale che non può più aspettare.
D'altronde, la strategia del silenzio e dei tabù ha fallito, parlare e far parlare i giovani delle
tematiche legate alla sessualità e all'affetto è un'urgenza del nostro sistema educativo. Per i giovani
è difficile far sentire la propria voce e facendo silenzio si allarga il divario tra loro e chi dovrebbe
educarli. Il progetto prevede anche di introdurre il supporto di psicologi, avvocati, assistenti sociali,
e organizzazioni contro la violenza di genere e si inserisce in un contesto più ampio di
sensibilizzazione che coinvolge anche il ministero delle Pari Opportunità e della Famiglia, nonché
quello della Cultura. Un aspetto chiave inoltre sarà la diffusione del numero verde antiviolenza
1522. Il progetto è in via sperimentale, anche se l’approvazione dovrebbe essere scontata,
obbligatoria, ogni studentessa, in quanto donna, dovrebbe pretendere il compimento di tale progetto.
Qualche parola a riguardo l’ha spesa l’acclamata attrice italiana Paola Cortellesi, la quale si è
battuta in molte situazioni a proposito della violenza sulle donne, come vediamo ad esempio nel suo
ultimo film “C’è ancora domani”, campione d’incassi al cinema. Ecco le sue parole:
“L'educazione all'affettività e al rispetto di sé andrebbe iniziata alla scuola dell'infanzia, per
proseguire più avanti con l'educazione sessuale, il tema del corpo… È uno scandalo che non sia
previsto dal ministero. Una figlia adolescente davvero sta lì a sentire i genitori? È evidente che se ne
debba occupare un esperto. I ragazzini di oggi sono esposti a una quantità di informazioni esagerata,
e quella non è l'età giusta per quei contenuti, ti cambiano i parametri, poi non capisci più niente e
succedono anche cose molto gravi, basti leggere la cronaca del ”branco” che stupra. I femminicidi
che ci sono, in Italia, ogni 72 ore. Non è possibile. Ce lo dice la cronaca tutti i giorni, siamo in
ritardo e bisogna agire ora. È una storia che si ripete all'infinito: c'è sempre un ex che uccide, perché
c'è ancora una sacca resistente di cultura del possesso. Una mentalità avvelenata e velenosa, spesso
raccontata come raptus di follia, ma non lo è perché, se la dinamica è identica, è una questione
culturale. Ci dicono che “era una persona tranquilla”. Un bravo vicino di casa, un dolce papà, un
ottimo studente. Che però dice: “Ti tolgo tutto. Ti uccido anche i figli, non devi avere più niente. O
me o nessun altro, o sei mia o di nessuno più”. È una cosa impressionante, se ne dovrebbe parlare
tutti i giorni. Invece la senti mentre stai tagliando l'insalata con sotto il telegiornale. Ci si abitua».
E voi cosa ne pensate? Preferireste iniziare piano piano ad apportare dei cambiamenti all’interno
della vostra società o rimanere ancora dopo tutti questi anni e dopo tutte queste violenze nel
retaggio di una società intrisa dal patriarcato?
Sofia Cigna IV B Classico