Cosa c’entra Masi Latona con il carnevale canicattinese?

Quest’anno nella città di Canicattì è stato rappresentato un carro particolare: quello dedicato a
“Masi”. Ma chi era questo personaggio? E perché è diventato famoso?
Grazie a un testo scritto da un anonimo canicattinese tra il 1793 e il 1852, sappiamo che il carnevale
canicattinese è uno degli storici carnevali siciliani, molto simile a quello dei territori nei dintorni per
alcune attività come il gioco dell’albero della Cuccagna, o per i balli tipici siciliani (come la Fasola
o la Cordella). Secondo questo scritto, il carnevale aveva inizio a partire dal palazzo del Barone La
Lomia, dopo le sfilate tutto si concludeva nell’incrocio tra la Villa Comunale e la via accanto.
L’ultima sera si concludeva in Piazza IX Novembre in cui era presente un vero e proprio “funerale
del carnevale”, al quale addirittura partecipavano le prefiche che piangevano rigorosamente sotto
pagamento. L’ultimo giorno un fantoccio veniva portato in Piazza e c’era il suo funerale con pianti,
grida ma soprattutto vino, grazie alla presenza di trattorie nei dintorni. A fine serata il fantoccio
veniva bruciato e si dava un saluto al morituro. A mezzanotte con il suono delle campane della
Chiesa Matrice veniva annunziata la fine della baldoria e l’inizio della Quaresima.
Ma cosa c’entra con tutto questo Masi Latona? Innanzitutto fu un personaggio storico ed è collegato
ad una delle maschere di Canicattì, egli andava camminando sporco ed era considerato “lo scemo
della città”. Lui indossava giacca lunga, pantaloni larghi, un cappello abbassato fino alle orecchie, e
chiedeva l’elemosina. Al tempo in Piazza era presente una signora chiamata Mazzarredda che
vendeva pane e patate fumanti e spesso egli si metteva accanto a lei e cominciava a gridare per fare
avvicinare la gente. Egli andava camminando con pietre dentro le tasche e quando i monelli lo
burlavano, egli gli gridava: “Adà, Diu binidittu macari, va, vinni iti?” Se però quelli non se ne
andavano egli cominciava a tirare le pietre che teneva in tasca. Un altro aneddoto raccontato è
quello di un uomo inglese che dopo una serie di peripezie trova seduto in piazza un uomo con un
cappello nero in testa, proprio Masi, e gli chiede in inglese: “Sapreste voi indicarmi dove sta un
albergo?”. Non capendo Masi gridò: “Diu benedittu macari, aspetta ca ti fazzu a bidiri iu” prese una
pietra e gliela tirò e continuò dicendo: “ A mmia dici ssi parulazzi?”. Fortunatamente l’uomo scansò
il colpo e fuggì a gambe levate verso la stazione.
Alla figura di Masi possiamo collegare un famoso proverbio odierno, ovvero “Vai a Canicattì”,
usato in modo dispregiativo ma che in realtà si rifà ad un fatto storico, infatti sin dall’800’ la tratta
Canicattì-Caltanissetta fu una delle prime linee ferroviarie presenti in Sicilia e siccome Canicattì era
l’ultimo paese scritto sulla tabella (poiché indicava il luogo di arrivo) era come mandare le persone
all’ultimo paese del mondo. Successivamente vennero inaugurate tutte le altre linee ferroviarie del
posto e ogni volta il prefetto e il ministro del tempo passavano in tutti questi luoghi trovando gente
festante per l’inaugurazione della ferrovia, tranne a Canicattì: gli altri abitanti infatti non
parteciparono alla manifestazione per protesta e mandarono lo scemo del villaggio, un uomo a
cavallo ad un somaro vestito con cilindro a tubo, ovvero il nostro Masi Latona.
Oltre a lui erano presenti varie maschere canicattinesi come: “Lu Iardinaru”, vestito di bianco con
foglie di arancio; “La Vecchia”; “Lu ‘Mbriacu”; “Surfarieddru”, che veniva ricoperto di bianco e
rappresenta un uomo che ha il viso “bruciato” dal fuoco, che si arrabbia subito. Ovviamente il
carnevale era aperto a tutti, borghesi e non, quindi i borghesi si vestivano con i “domino” veneziani,
mentre pecorai e contadini erano vestiti con i loro soliti abiti. Tutte le persone di Canicattì andavano
in giro per la città distribuendo dolci tipici carnevaleschi.

Ricollegandoci ai proverbi, è presente un famoso proverbio canicattinese “A lu quaranta si sciala e
si canta” conosciuto perché uno dei carnevali più belli fu quello del 1840, in cui era presente una
grande barca pieni di corsari che distribuivamo in giro per la città gran quantità di confetti.
Inoltre erano presenti i Paciotti (maschere dei Paci) create con carta crespa, creta, argilla e cera che
non erano altro che delle maschere presenti a Canicattì per prendere in giro personaggi noti del
tempo.
Concludo dicendo, che non bisogna sottovalutare o anche disprezzare le storie dei nostri paesi, e
non bisogna dimenticare gli avvenimenti passati.
Ecco da dove ho preso la maggior parte delle informazioni:

Aurora Frangiamone III A Classico