I disturbi dell’umore rappresentano una sfida significativa per la salute pubblica, affliggendo
una vasta parte della popolazione a livello mondiale. Questi disturbi, tra cui la depressione e
il disturbo bipolare, sono più frequenti di altre patologie psichiatriche e impattano
gravemente sulla vita quotidiana delle persone.
Ma cosa sono esattamente i disturbi dell'umore? Questi disturbi, noti anche come "disturbi
affettivi", includono varie condizioni in cui la persona sperimenta alterazioni psicologiche
significative. Queste alterazioni possono manifestarsi come eccessiva allegria o esaltazione,
nota come mania, periodi prolungati di intensa tristezza, conosciuti come depressione, o una
combinazione di entrambi, come nel caso della ciclotimia, una forma di disturbo bipolare.
Queste condizioni possono rendere estremamente difficile la vita quotidiana, interferendo con
le funzioni sociali e professionali.
In particolare, la depressione rappresenta il "disturbo affettivo" più diffuso a livello globale,
con un impatto particolarmente forte in Occidente e nella regione del sud-est asiatico.
Secondo le stime dell'Organizzazione Mondiale della Sanità, la depressione diventerà la
malattia più diffusa nel mondo entro il 2030. Attualmente, si stima che circa 340 milioni di
persone nel mondo soffrano di depressione, includendo 3 milioni di persone in Italia.
L'Istituto Superiore di Sanità (Iss) evidenzia che circa il 6% della popolazione adulta italiana,
tra i 30 e i 49 anni, mostra sintomi depressivi, una percentuale che aumenta al 9% tra gli
anziani. Questa condizione affligge anche bambini e adolescenti, con un trend in
preoccupante crescita.
La comprensione e la gestione dei disturbi dell'umore rappresentano quindi una priorità
sanitaria e sociale fondamentale, con l'obiettivo di migliorare la qualità della vita di milioni di
persone affette da queste condizioni.
I dati del National Survey of Children’s Health del 2016 hanno mostrato che il 3,2% dei
bambini di età compresa tra 3 e 17 anni aveva una diagnosi di depressione.
Nel 2017, circa 3,2 milioni di adolescenti di età compresa tra 12 e 17 anni hanno avuto un
grave episodio depressivo.
Le cause della depressione in adolescenza sono molteplici e possono includere
predisposizioni genetiche. Gli adolescenti, in particolare, sono suscettibili a elevati livelli di
stress dovuti alle aspettative sociali e personali e alla ricerca della propria identità.
L'incremento dello stress, registrato nel corso della pandemia di Covid-19 nel 2020, è stato un
fenomeno globale, caratterizzato da un insieme di fattori destabilizzanti: l'isolamento sociale,
la perdita di persone care, la paura del contagio, tra gli altri. Questo scenario ha avuto
ripercussioni significative sulla salute mentale delle persone, tra cui l'insorgenza o
l'aggravamento di stati depressivi. La depressione, peraltro, si manifesta attraverso una serie
di cambiamenti sia a livello emotivo che comportamentale: si osserva un'alterazione delle
dinamiche sociali, un aumento dell'irritabilità, la comparsa di pensieri autodistruttivi e di
sentimenti di disperazione. Viene meno l'interesse per attività che in precedenza venivano
percepiti come gratificanti e si assiste a espressioni di malessere profondo, che possono
arrivare fino a manifestare un desiderio di morte. Questi sintomi riflettono la gravità
dell'impatto psicologico che la pandemia ha avuto sulla popolazione mondiale.
Ma la morte non è mai la soluzione.
Come fare, quindi, a guarire? Dopo aver ricevuto la diagnosi (è importante capire se è solo un
momento particolarmente triste della propria vita o se si tratta di vera e propria depressione),
bisogna intraprendere un percorso di psicoterapia e, se ce n'è di bisogno, ricorrere agli
psicofarmaci prescritti.
E come facciamo, noi, ad aiutare chi si trova in questo limbo? Sicuramente non ricorrendo
alle tipiche frasi come «non essere triste!»; invece dobbiamo concentrarci sull'ascolto attivo,
sull'offerta di conforto emotivo, dedicando tutto il tempo di cui c'è bisogno per cercare di
alleviare (almeno un po') quella sofferenza con cui i pazienti convivono ogni giorno.
«Come mutano i sentimenti e come è strano l'attaccamento alla vita che proviamo anche nei
giorni di massima pena!». Questo è quello che ha scritto Mary Shelley nel suo celebre
romanzo 'Frankenstein'.
Dentro ognuno di noi, infatti, c'è questo desiderio di continuare a vivere; anche se,magari, la
disperazione è così tanto grande da farci dimenticare, anche solo per un momento, questo
nostro «attaccamento» nei confronti del dono grandissimo che abbiamo ricevuto: la vita.
Continuate a lottare, per tutte le esperienze che meritate di vivere.
E ricordate sempre: non siete soli.
Elisa Pia Tinebra IV C Scientifico