Nato come favola per bambini, Lo Hobbit è un libro fantasy del 1937 scritto dal britannico John R.R. Tolkien,
che ha poi portato alla creazione di un'altra opera letteraria e cinematografica di straordinario successo
parecchi anni dopo: il Signore degli Anelli. Il suo predecessore, non essendo nato come una macro opera,
ma solo come storiella da raccontare ai figli prima di andare a dormire, sembra sia passata un po’ in sordina
e amata solo dagli appassionati. In realtà ci troviamo di fronte a un racconto d'avventura assai interessante
e coinvolgente, già a partire dai personaggi. Il momento più apprezzato sia del libro che dei film,
nonostante le numerose critiche per le varie differenze, è la scena in cui il protagonista ha il suo confronto
con l'antagonista principale della storia. Per farla breve: un gruppo di 13 nani guidati dallo stregone Gandalf
recluta uno Hobbit di nome Bilbo Baggins per reclamare il regno della Montagna Solitaria, sottratta da un
drago di nome Smaug, la calamità più temuta della loro era. A un certo punto affari urgenti costringono
Gandalf ad abbandonare il gruppo, obbligando i nani e Bilbo a cavarsela da soli.
Sebbene i protagonisti non sappiano come uccidere il drago, il compito di Bilbo, assunto in virtù di
scassinatore, è quello di recuperare, tra le immense sale piene di tesori nella montagna, il gioiello del re
chiamato nel film ''Arkengemma'' e nel libro anche ''Archepietra''. Al di là delle recensioni dei film, questa
parte della storia è stata trasposta in maniera quasi del tutto fedele al libro (seppur con qualche variazione
dovuta a esigenze cinematografiche), poiché il confronto di Bilbo con il drago risulta discorsivo e tiene
incollato sia allo schermo che alle pagine cartacee. Non si tratta, infatti della classica lotta tra bene e male
dove l'eroe di turno muscoloso e forte vince perché il cattivo deve perdere… niente di tutto ciò. Basti
pensare all'altezza del protagonista, comparabile a quella di un bambino, contrapposta all'immensa
maestosità del drago. Addirittura Bilbo non voleva nemmeno partire, ma nel corso dell'avventura cambia e
matura mostrando coraggio e un profondo talento nel guadagnare tempo in situazioni drastiche. Ciò non
vuol dire che non abbia paura. Per esempio, una volta entrato nella montagna, Bilbo fa più volte avanti e
indietro dai nani che lo aspettano fuori perché teme di svegliare la bestia dormiente, ed è proprio grazie a
quel timore che riesce a far emergere il suo lato coraggioso.
D’altra parte il drago Smaug è un antagonista temibile e pericolosissimo, un bestione rosso sputafuoco di
parecchie tonnellate con un'impenetrabile pelle, dalle ali capaci di produrre uragani, dagli artigli taglienti
come lame, dai denti affilati come spade; acuto, astuto, avido, ricco e taccagno (tanto da accorgersi subito
del furto di Bilbo), profondamente malvagio ma anche colto e dai modi sopraffini da gentiluomo. Questo è
un chiaro riferimento che l'autore ha voluto sottolineare riguardo la tipica aristocrazia inglese,
connotandola con gli aspetti negativi tipici riscontrabili nella società antica. Lo Hobbit è un perfetto
esempio di classico: infatti avidità, avarizia e interessi per il proprio tornaconto sono temi ricorrenti anche
oggi e che in qualche modo ci sono sempre stati in ogni epoca della storia dell'umanità. Quindi Tolkien ha
preso molta ispirazione dalla realtà, sebbene si sia soprattutto ispirato anche all'opera Beowulf per il drago.
Inoltre Smaug si compiace della ricchezza rubata ai nani e passa la maggior parte del tempo vigilando e
dormendo sul tesoro stesso, bramandolo talmente tanto da non volersi separare neanche da una singola
moneta; pertanto va su tutte le furie quando Bilbo ruba una coppa. Non si può dire che queste
caratteristiche siano del tutto distanti dalla classica taccagneria degli uomini corrotti dal potere che
dovrebbero governare saggiamente una popolazione, ma purtoppo tendono a non portare a termine
concretamente il loro compito morale, nonostante traspaiano atteggiamenti colti.
Per questo, il dialogo tra Bilbo e Smaug assume un significato più profondo, perchè al di là dell'Anello
magico che lo rende invisibile, il nostro protagonista riesce a sorprendere il drago con discorsi e modi di
porsi cordiali e pacati, affini al nemico. Smaug si compiace e rimane stupito della possenza sottolineata da
Baggins, che cerca così di tenerlo buono in attesa di trovare l'Arkengemma, facendo complimenti e
giustificando la sua presenza con il fatto che voleva solo osservare la magnificenza della bestia. Il drago
ovviamente non si lascia ingannare così facilmente e sa che Bilbo è amico dei nani, ma lascio a voi lettori il
piacere di scoprire cosa accade dopo.
È evidente come Tolkien abbia voluto inserire elementi di attualità proprio perché il libro, essendo rivolto ai
più piccoli, potesse fungere da educazione ad atteggiamenti contrari a quelli del drago e più simili
all'audacia del protagonista, perché a volte l'essere umano sa essere anche più malvagio delle bestie.
Un'altra interpretazione possibile è che storie come questa dovrebbero portare l'uomo a non sottrarsi dai
grattacapi solo perché ha paura, ma ad affrontare le avversità con più coraggio restando umile, senza mai
imitare i comportamenti dell'avversario solo perché sembra invincibile, bensì combatterlo con l'arma
opposta: il bene, senza ricadere per forza in stereotipi eroici.
Carmelo Giuliana IV B Classico