La città di Canicattì sta diventando sempre più invivibile, basta mettere il naso fuori dalla porta di casa per accorgersene. L’ impressione però è che tra i cittadini scorra più rassegnazione che rabbia, specialmente (e questo è agghiacciante) tra i giovani.
La maggior parte di ragazzi canicattinesi con cui mi è capitato di parlare del futuro, hanno un obbiettivo comune: andarsene il prima possibile. Hanno ragione, non vedono nulla di buono in questo paese e si rendono conto che la situazione va solo a peggiorare.
Non voglio parlare di come dare concrete prospettive lavorative in patria ai giovani canicattinesi, perché sarebbe fin troppo complesso; voglio parlare di vivibilità, voglio parlare di relazioni sociali, del fatto che ad oggi le strade principali della nostra città sono sempre deserte, uscire a passeggiare e incontrare altri non fa parte della mentalità di noi Canicattinesi, a testimonianza della suddetta invivibilità del paese.
Nell’ottobre 2010 nel quartiere Uditore di Palermo si estendeva un’area incolta e incontaminata di 90.000 mq, scampata miracolosamente alla dissennata e devastante espansione edilizia a contorni mafiosi avvenuta negli anni 60 dello scorso secolo, conosciuta come sacco di Palermo (ma anche dalle altre mire speculative negli anni successivi).
A partire da un annuncio in rete, un gruppo di cittadini si unì a formare un comitato civico che, anche grazie al supporto di associazioni ambientaliste, riuscì a ottenere l’approvazione del Comune di Palermo per la realizzazione di un parco pubblico, quando il comune aveva invece previsto per quella zona la costruzione di sedi amministrative, e ottenne anche un finanziamento da parte della regione.
In tempi brevi iniziarono i lavori, ai quali prendono parte varie piccole imprese artigiane locali, e una multinazionale di attrezzature da esterno sponsorizzò il progetto.
Nel 2012 il parco aprì al pubblico e nel 2014 il comitato civico si evolvette in cooperativa sociale (ad oggi conta 5 soci, e ovviamente si tratta di un’organizzazione no profit).
Da allora ad oggi il parco si è evoluto e continua a evolversi e arricchirsi, stabilmente frequentato dai Palermitani. Chiunque può aiutare, sia fisicamente che economicamente, e c’è sempre qualcuno a presidiare. E ciò che è importante sottolineare è che non v’è nessun costo per la Pubblica Amministrazione.
Questo vuol dire che da un gruppo di persone volenterose può nascere, anche grazie ai social, qualcosa di grande che migliora il territorio; questo vuol dire che dobbiamo smettere di lamentarci delle altre persone, del Comune, della Regione e dello Stato, perché siamo noi i padroni della nostra vita, sta a noi cambiare le cose se lo vogliamo davvero.
Non è vero che siamo impotenti, spesso ci manca soltanto buona volontà, e ce lo insegnano i soci di Parco Uditore, che per ciò che hanno fatto sembra abbiano agito in un mondo parallelo, eppure sono a pochi chilometri da noi, in una città dove di certo i problemi non mancano.
Quindi basta lamentele, impegniamoci a smettere di addossare le colpe agli altri, perché noi abbiamo quello che siamo, niente di più e niente di meno.
Andrea Dolce, ICC