“Tredici” è una serie televisiva statunitense creata da Brian Yorkey e prodotta da Netflix, che segue la vita di un giovane di nome Clay Jensen, che si trova a dover far fronte alle conseguenze della morte della sua amica d’infanzia, Hannah Baker. La serie, che ha debuttato nel 2017, è stata accolta positivamente dalla critica e ha riscosso un grande successo tra il pubblico, diventando un fenomeno culturale.
Tutto inizia così: “Ciao, sono Hannah. Hannah Baker. Esatto. Non smanettate su qualunque cosa stiate usando per ascoltare. Sono io. In diretta e stereo. Nessuna replica, nessun bis e questa volta assolutamente nessuna richiesta. Mangia qualcosa e mettiti comodo, perché sto per raccontarti la storia della mia vita. Anzi, più esattamente, il motivo per cui è finita. E se tu hai queste cassette, è perché sei uno dei motivi”. Il fulcro della narrazione, lo dice il titolo, sono le 13 “ragioni” che hanno convinto Hannah che non valesse più la pena di vivere. Una serie tv che, puntata dopo puntata, guida lo spettatore dentro l’abisso di dolore di Hannah Baker, una ragazza diciassettenne che decide di togliersi la vita dopo una serie continua di delusioni e violenze. Prima di farlo incide 7 nastri, dedicando ogni lato ad una delle 13 persone responsabili della sua tragica scelta. Questa serie propone diversi spunti di riflessione e merita di essere vista tanto dai ragazzi quanto dai genitori. Hannah racconta la propria verità attraverso le audiocassette, un mezzo analogico che fa da contraltare alla modernità del contesto, dove gli smartphone e i social media sono un pericoloso megafono in grado di far precipitare gli eventi.
Le calunnie messe in giro da adolescenti, una serie di foto equivoche che si diffondono in pochi minuti sui cellulari di tutta la scuola e Hannah Baker diventa indelebilmente “quella facile”. Non più una persona ma un’etichetta, o meglio, un oggetto.
Hannah sente che le sarà impossibile farsi conoscere per ciò che è davvero perché l’unica realtà che conta sarà sempre e solo quella che le è stata appiccicata. Pian piano si svuota dentro, perde la luce negli occhi e la capacità di reagire al pregiudizio. Diventa un contenitore, un oggetto vuoto.
Uno dei personaggi di 13 Reasons Why è Mr Porter, un counselor scolastico incapace di prestare attenzione al disperato grido d’aiuto di Hannah: “Se anche chi deve farlo per mestiere mi ignora, che importanza potrà mai avere la mia vita?” – dirà la ragazza nell’ultima cassetta.
Questo personaggio, in qualche modo, può servire per mandare un messaggio chiaro ai ragazzi: il problema non sei tu. Chiedere aiuto non è mai semplice ed è normale sentire il mondo crollare addosso se, nonostante tutti gli sforzi, anche chi dovrebbe non riesce a capirti. Tuttavia, non bisogna vivere questa esperienza come una sconfitta personale, perché il mondo è pieno di professionisti che non aspettano altro che aiutarti. L’importante è non abbandonare al primo tentativo, proprio come Hannah. A ucciderla non è stato il bullismo, è stato il senso di colpa. Per non essere intervenuta in ben due occasioni che sono costate care ad altre persone. Per non aver saputo gridare o reagire quando avrebbe dovuto. Per essere stata superficiale, causando un danno alla propria famiglia. Ma soprattutto per aver creduto che il proprio destino fosse nelle mani degli altri, quando il messaggio è chiaro: siamo noi e noi soltanto gli artefici del nostro destino. Ogni scelta che facciamo determina chi siamo.
Clay, che era innamorato di Hannah, si trova a dover ascoltare le cassette e scoprire i segreti che Hannah gli aveva nascosto, mentre cerca di fare pace con la sua morte e capire come avrebbe potuto salvarla. La serie esplora temi importanti come il bullismo, la pressione sociale, l’autolesionismo e la rappresentazione della depressione e del suicidio, che vengono affrontati con un approccio realistico e sensibile. Tredici ci ricorda che i silenzi parlano. Lo fanno tanto quelli di Hannah, quanto quelli del co-protagonista Clay che, sconvolto dall’ascolto dei nastri, evita costantemente di rispondere alle domande dei suoi genitori su cosa gli stia capitando, nonostante la cosa gli crei non pochi sensi di colpa.
Lo spunto di riflessione per i genitori è di non considerare i silenzi dei propri figli necessariamente come frutto della mancanza di fiducia, di stima o di rispetto nei loro confronti, ma valutare che possa esserci un problema di fondo legato alla ricerca delle parole giuste con le quali esprimere i sentimenti. Sentimenti che, molto spesso, i figli non riescono in primis a capire e decifrare.
“Tredici” è stata elogiata per aver offerto un’immagine realistica e senza filtri della sofferenza mentale e delle difficoltà che i giovani possono affrontare. Inoltre è riuscita a mostrare una vasta gamma di personaggi eterogenei e complessi, con una rappresentazione equilibrata dei loro problemi e delle loro sfide.
All’inizio e alla fine di ogni episodio è presente una voce narrante che invita chi guarda e chi ascolta a domandarsi se stia affrontando situazioni richiamate all’interno della serie e, in caso, a richiedere un supporto, visitando una pagina web da cui è possibile chiamare un numero di emergenza e in cui sono presenti consigli per gli spettatori. Durante l’adolescenza può essere molto complesso dare un senso a eventi traumatizzanti e chiedere aiuto. Per esempio, nella serie viene descritto il difficile percorso di ragazze che subiscono abusi sessuali: inizialmente la vergogna e il desiderio di cancellare l’esperienza vissuta prendono il sopravvento sulla necessità di parlarne con amici e familiari per essere sostenute e affrontarne le conseguenze. Allo stesso modo viene dato spazio alla spirale di violenza che coinvolge bulli e vittime dei bulli: a volte ragazzi che subiscono vessazioni e vengono emarginati rischiano di trasformare la loro sofferenza in violenza verso gli altri.
I membri del cast hanno ricevuto premi per le loro performance, in particolare Katherine Langford per il suo ruolo di Hannah, che è stato descritto come potente e commovente.
Molti spettatori hanno riconosciuto se stessi o persone che conoscevano nei personaggi e nelle loro sfide, il che ha reso la serie ancora più coinvolgente e significativa.
Inoltre la serie ha anche avuto un impatto significativo sulla cultura popolare: tanti hanno condiviso le loro reazioni e i loro pensieri sui social media, creando una comunità di fan appassionati. La serie ha anche ispirato molte discussioni e dibattiti sui temi trattati e su come affrontare problemi come il bullismo, la pressione sociale e la salute mentale.
Con un cast di attori giovani e talentuosi, una narrazione intensa e un approccio realistico, “Tredici” è una serie che continuerà ad essere apprezzata per molto tempo, offrendo una rappresentazione importante ed emozionante della vita e delle sfide dei giovani di oggi. Thirteen reasons why ha lasciato in chi l’ha apprezzato qualcosa nel profondo. Perché certe scene, certi dialoghi, certe situazioni, colpiscono e fanno male dentro, tanto da non riuscire a non pensarci per giorni una volta che si è finito. Molti l’hanno definita una coltellata allo stomaco. E questo è lo scopo che i registi, i produttori e gli sceneggiatori si sono prefissati: cercare di raccontare nel modo più realistico possibile una storia che riguarda ciascuno di noi, poiché anche noi abbiamo vissuto quelle situazioni, e farci mettere nei panni della persona che sta dall’altra parte, soprattutto quando l’attacchiamo, non per forza fisicamente, ma anche verbalmente e psicologicamente!
Ester Beatrice Morreale, IAC