E quindi… cosa vorresti fare da grande?
Quante volte ci è stata posta questa domanda? Sin da bambini, quando ancora sognavamo di fare lavori come l’astronauta, la ballerina, la principessa o il supereroe… ci piaceva sognare, e immaginare di diventare una di quelle figure che leggevamo nei libri o guardavamo alla TV.
Poi, con il passare del tempo, ci ritroviamo in una realtà e in un’età in cui se ci chiedono che lavoro vorremmo fare da grandi, quale università vorremmo scegliere o se abbiamo qualche progetto concreto per il futuro, beh, non sappiamo minimamente cosa rispondere.
Certo, varia in base alla persona, ci sono già tantissimi adolescenti che hanno le idee ben chiare e sono perfettamente organizzati per il loro futuro, ma ce ne sono molti altri che, appena viene posta loro la fatidica domanda, non hanno la minima idea di cosa rispondere: hanno mille idee per la testa, tanta voglia di fare, mille passioni completamente differenti tra loro, eppure non sanno mai cosa dire.
La maggior parte di questi giovani, quando pensa al futuro viene spesso travolta da un’ondata di terrore, quasi come se l’idea di andare a vivere da soli, intraprendere una carriera dove molto spesso bisogna farsi strada da soli, li spaventasse a morte.
Ogni essere umano ha una precisa concezione della realtà: c’è chi non vede l’ora di buttarsi nel mondo e intraprendere nuove avventure e c’è chi non ne è proprio così entusiasta, che sia per paura di fallire oppure perché si teme di deludere le proprie aspettative o quelle altrui.
Nel caso della seconda categoria, potremmo immaginare il cervello di questi ragazzi come una sorta di mappa mentale, divisa in due parti ben precise: la prima parte, ha un’idea del mondo positiva, ovvero lo considera come un posto pieno di opportunità in cui ogni individuo può sentirsi perfettamente in grado di realizzarsi, ma l’altra parte di questa mappa pensa al mondo come ad un posto ostile, in cui ci sentirsi in pericolo.
Quello che questa metafora ci permette di capire è che la paura di crescere è spesso data da una visione distorta che hanno i giovani della realtà.
Hanno paura di distaccarsi dalla loro “comfort zone”, perché pensano di non essere ancora pronti ad essere una persona indipendente e di non riuscire ad affrontare tutte le conseguenze che comporta esserlo.
Un fenomeno che condiziona molto il loro modo di pensare è l’educazione e l’idea che i genitori danno del mondo ai figli; in altre parole, se i genitori sono troppo protettivi con i bambini, tenendoli sotto una “campana di vetro”, portano il bambino/adolescente a pensare di non riuscire ad affrontare nulla da solo e quindi aver bisogno di protezione. Contrariamente a ciò, se i genitori sono troppo assenti, potrebbero portare il figlio a pensare di non meritare il loro affetto perché non vale niente e, di conseguenza, non esser in grado di portare a termine le sue ambizioni nella vita.
Nessuno vi obbligherà a crescere se in primis non sarete voi a volerlo, e qui viene il momento in cui le distorsioni mentali hanno il loro effetto più disastroso, ovvero quando i genitori danno una visione così limitata della realtà che ti senti impotente e ti sembra impossibile affrontarla.
Fortunatamente si mette un punto a questa situazione nel momento in cui arriva il senso d’urgenza, ovvero quando subentra la necessità di scappare e cambiare questa realtà.
Non c’è nulla di più entusiasmante della constatazione di star iniziando a vivere sulle proprie gambe, di essere diventati capaci di fare, di essere responsabili dei propri successi e fallimenti. In questo passaggio dall’infanzia all’età adulta si nasconde forse uno dei capisaldi della vita su questo pianeta, una sensazione terrificante ma che fa sentire estremamente vivi.
Dalila Giordano IIBC