Virus “zombie” dal permafrost…o forse no?

Negli ultimi anni le testate giornalistiche di tutto il mondo hanno “allarmato” milioni di persone, affermando che sono stati resuscitati dei virus (i cosidetti “virus zombie”) estratti dal permafrost e che sarebbero potuti essere un potenziale rischio epidemiologico.

Questo allarmismo è lecito e corretto?

La risposta è sì… se siete delle amebe. Finora i virus estratti dai ghiacci del permafrost (almeno per la maggior parte dei casi) fanno parte dei cosiddetti “virus giganti”. Questi virus, come si può facilmente dedurre, sono di grandi dimensioni se comparati agli altri, e attaccano cellule procariote di grandi dimensioni come quelle delle amebe, che sono più grandi rispetto alle cellule degli animali.

Anche se uno di questi virus appartenesse a uno di quei tipi che possono infettare l’uomo, il rischio di infezione sarebbe talmente basso da essere trascurabile.

Dobbiamo ricordarci che i virus, per infettarci, hanno bisogno di evolversi insieme a noi, adattandosi alle nostre difese immunitarie sempre più efficienti. Quando estraiamo dei virus dal ghiaccio dobbiamo tenere presente che spesso questi sono lì da più di 3000 anni e quindi è molto improbabile che abbiano tattiche virologiche efficaci contro le nostre difese.

È anche vero però che c’è stato un vero rischio epidemiologico negli ultimi anni, causato da qualcosa che è stato estratto dal ghiaccio, ma questo era un batterio. Il batterio in questione è un ceppo dell’antrace, un batterio ancora presente tra la popolazione e che spesso infetta anche interi allevamenti di bestiame, ma nonostante ciò la situazione è sotto controllo ed il rischio di una pandemia è pressochè assente. C’è da considerare anche che questo batterio non è stato estratto dall’uomo, bensì dagli animali.

Si pensa infatti che sia partito da alcune carcasse di alce, congelate da alcuni anni e che ospitavano alcuni “individui” del batterio. Con l’aumento delle temperature queste carcasse sono state un habitat ottimo per la riattivazione e la proliferazione dell’antrace e anche un pasto già pronto per gli animali che, mangiando la carne infetta, hanno contribuito alla diffusione del patogeno che si è dimostrato molto efficace nei salti di specie.

Prima abbiamo detto che i virus e i batteri si risvegliano una volta fuori dal ghiaccio, quindi sarebbe giusto definirli zombie?

La risposta è complicata e fa parte di un dibattito molto ampio e che va avanti da moltissimi anni. Per la maggior parte dei casi, gli scienziati non considerano i virus degli esseri viventi, classificandoli più che altro come forme di vita arcaiche e non senzienti, anche se questa definizione potrebbe essere in parte errata. Ma se vogliamo semplificare la questione, vedere come dei morti viventi queste forme di vita è generalmente sbagliato. Dobbiamo infatti ricordare che il loro metabolismo è completamente diverso dal nostro e permette loro di riuscire a riattivare le loro funzioni vitali in condizioni ottimali come lo scongelamento e l’aumento delle temperature nonostante siano passati migliaia di anni, sempre se non vengano intaccati dai cristalli di ghiaccio che possono rompere le pareti cellulari.

Infine dobbiamo ricordare che, anche se ora la possibilità di una pandemia causata da questi virus e batteri è più che remota, in futuro con lo scongelamento dei ghiacciai questo rischio potrebbe aumentare considerevolmente. I ghiacciai sono delle riserve immense di potenziali patogeni per l’uomo e per gli altri esseri viventi, e questo dovrebbe essere un motivo in più per rispettare l’ambiente e informarci meglio che si può.

Diego La Monaca IIIAC