Riflessione del giorno: siamo la generazione delle pubblicità

Svegliandomi una domenica mattina, dopo una settimana intensa di scuola, sento questo ”rumore” quasi assordante. Stropicciando un po’ gli occhi, mi rendo conto che il “rumore” proveniva dalla cucina ed era quello di una pubblicità.

 

Dopo aver chiesto di abbassare un po’ il volume, mi sdraio di nuovo e penso a quanto le pubblicità ormai facciano parte di noi e quanto influiscano sulle nostre vite.

Quante volte a tavola abbiamo la televisione accesa (questo esempio non vale per chi ha acquisito la sana abitudine di conversare con chi abbiamo di fronte al posto di rimanere soggiogato da spot pubblicitari che sono per lo più incredibilmente ignoranti) abbiamo riflettuto sul fatto che vediamo e ascoltiamo ogni giorno più le pubblicità che un trailer di un film che potrebbe piacerci? Vi risponderò io: non lo facciamo mai.

 

Informandomi, ho scoperto che in media siamo sottoposti a 298 comunicazioni promozionali al giorno, scanditi in intervalli che sommati risultano di 12 minuti all’ora. Ora immaginiamo di vedere un episodio di una serie in tv, di norma di 40 minuti, ed essere costretti a fermare la nostra visione più volte in break pubblicitari costituiti indicativamente da 7 o 14 spot ognuno di una durata massima di 30 secondi; quindi in secondi, 210 per il break più breve e 420 per il break più lungo, sembra una tortura soprattutto se tutto questo debba durare per 12 minuti orientativamente sommati, ma è quello a cui siamo sottoposti ogni giorno e inconsapevolmente reputiamo normale.

 

Tutto questo serve ad un sistema economico fin troppo complicato per spiegarlo in poche righe, ma adesso vorrei sottoporvi ad un altro test.

Quante volte avete imparato qualcosa da una pubblicità, ovviamente da un punto di vista educativo?

E quante volte in presenza di qualcuno a guardare la televisione con voi, al momento di una pubblicità, vi siete guardati e avete fatto un’espressione della serie ”non ho parole” oppure avete detto: ”Ma tutto questo per una carta igienica?”.

Oppure pensiamo alla pubblicità del deodorante Infasil. Siamo tutti consapevoli che nella frase ”Più sudi più sai di fresco ” di verità ce n’è poca, ma allora perché andando al supermercato, quando ci ritroviamo davanti tutti quei deodoranti anche da €1,50, compriamo il deodorante Infasil da €2,29?  Solo perché associamo la sua figura a quella pubblicità in cui vediamo quella scienziata che ci parla di quella molecola 2C, di cui non ne sapevamo neanche l’esistenza (prima di quella pubblicità), e quindi pensiamo che la scienza ci stia proponendo un modo per non lavarci e quindi risparmiare acqua e tempo!

Solo da questi piccoli esempi, che sembrano apparentemente stupidi e banali, ci rendiamo conto di quanto possiamo essere una specie incredibilmente credulona, che non riflette neanche un secondo a quello che una voce doppiata ci sta dicendo.

Dobbiamo anche pensare che le pubblicità si sono adattate nel corso dei secoli. A partire infatti dalla Prima guerra mondiale, il sessismo era alla base della società, quindi anche gli spot pubblicitari rappresentavano una donna ben pettinata, con una gonnella e il grembiule, che introduceva nuovi elettrodomestici per la casa e per la cucina o ancora per presentare un cibo, vi era una donna che serviva in un tavola ben apparecchiata, dove vi erano solitamente due bambini, un maschio e una femmina, e un uomo ben vestito, gustose pietanze, ovviamente, come da copione, con un sorriso smagliante.

 

Certo nel 1978 con i primi spot a colori tutto questo era una novità ed era visto come una svolta, ma ormai siamo quasi degli schiavi costretti a vedere pubblicità che rappresentano scene esemplari di famiglie modello, trend che sembrano fatti con lo stampino.

Dovremmo imparare a riconoscere e a riflettere più spesso su cosa ci viene proposto quotidianamente e smettere di farci influenzare così tanto da una pubblicità che su di noi, sembra avere un potere così forte, come se fossimo dei burattini.

 

Alice Tiranno I CC