Monumentum deriva dal verbo latino “monere” (ricordare), in origine indicava solamente delle strutture che rendevano omaggio a un personaggio storico o un avvenimento; oggi, sono considerati monumenti tutti quei mezzi storici di comunicazione, “documenti di pietra”, nella duplice veste di “complessi architettonici dotati di imponenti apparati decorativi, o in quella di opere celebrativo-commemorative. In Italia, il numero di statue e monumenti raffiguranti personalità femminili sono 148, di cui sessanta donne anonime, partigiane, lavandaie.
A Padova, in Prato della Valle, una delle cinque più grandi piazze in Europa, sono presenti ben 78 statue, tutte di figure maschili, alcune delle quali sconosciute, ed è proprio lì che pochi giorni fa è partito il dibattito sulla questione. La proposta sarebbe di collocare sopra uno dei piedistalli vuoti, la statua di Elena Lucrezia Cornaro Piscopia, prima donna nel mondo a essersi laureata proprio a Padova, nel 1678 dichiarata in quell’anno “Magistra et Doctrix Philosophiae”.
Non sono mancate però le critiche: secondo alcuni infatti sarebbe un’opera di cancellazione della cultura, una forzatura, in quanto i principi a cui si vuole rimandare erano assenti ai tempi in cui la piazza venne costruita. La nuova statua in Prato della Valle, invece, può apparire ora come un segno carico di valenze positive, che, alla storia intrisa di maschilismo giustappone un simbolo del grande significato della presenza femminile all’interno di tale storia.
A Roma è collocata invece la statua equestre di Giuseppe Garibaldi, sul Gianicolo, nel punto più alto del colle. Più nascosta si trova la statua di Anita Garibaldi, moglie del condottiero, che tiene in braccio un bambino e nell’altra mano una pistola. Sicuramente fu lei ad insegnare al condottiero a montare, infatti sappiamo che era abilissima tanto che ebbe il comando di un distaccamento di cavalleria anche al settimo mese di gravidanza, eppure sappiamo ben poco di una figura così tenace.
Seppur oggi si faccia più riferimento ai monumenti come beni mobili o immobili, opere scultoree o architettoniche, dobbiamo ricordare però che aldilà della materialità dell’opera è più importante il messaggio che l’artista vuole dare con quest’ultima e il valore che assume o vuole tramandare all’interno della società, e non sempre raccontano il “vero”, come nel caso della statua della Spigolatrice a Sapri, che ha suscitato polemica in chi ci vede depravazioni, un corpo idealizzato e sessualizzato che nulla sembrerebbe raccontare della rivoluzione e dell’autodeterminazione di una donna che sceglie di non andare a lavoro per schierarsi contro l’oppressore.
Dunque, si riuscirà in Italia a trovare un equilibrio tra la valorizzazione del passato e il rinnovamento di valori ormai antiquati?