La vita di Jonella procede tranquillamente: madre di due figli, è presidente della compagnia assicurativa di famiglia (era infatti stata fondata dal padre). Questo fino al 17 luglio 2013. Nell’afa estiva di Cagliari viene infatti arrestata, assieme alla sorella Giulia, su richiesta della procura di Torino a seguito dell’inchiesta Fonsai. Le accuse mosse dai pm di Torino sono abbastanza pesanti: falso in bilancio aggravato per grave nocumento al mercato e manipolazione del mercato. L’arresto turba pesantemente Jonella; dichiarerà infatti in un’intervista riportata da Stefano Zurlo in un suo libro (“Il libro nero delle ingiuste detenzioni”, Baldini+Castoldi, 2021): “Mi sembrava di soffocare, cercavo di ingoiare l’aria ma l’ossigeno non bastava, ho avuto paura di morire. Lì dentro (la camionetta della polizia penitenziaria) era tutto ovattato, lontano, remoto. Gridavo, gridavo: <<Aprite, aprite>>”. Il bilancio della sentenza di primo grado è disastroso: infatti, dopo quattro mesi di prigione e otto passati ai domiciliari, viene condannata, per le accuse citate poco fa, a cinque anni ed otto mesi. La Ligresti ricorda molto bene i momenti successivi alla declamazione della sentenza; dichiarerà infatti: “(…) Finisce con quel verdetto che è un pugno allo stomaco: cinque anni e otto mesi. A papà (Salvatore Ligresti) va pure peggio: sei anni e due mesi.”. Nel frattempo la sorella, provata dalla detenzione, aveva patteggiato. Ecco che le pressioni su Jonella si fanno sempre più opprimenti… fino a quando non arriva il colpo di scena.
Il 12 marzo 2019, infatti, la Corte d’Appello di Torino ha disposto il trasferimento alla procura di Milano del processo Fonsai, annullando di conseguenza le condanne pronunciate in primo grado dal tribunale del capoluogo piemontese. Si deve ripartire perciò da zero o quasi. E la Procura sembra poco o nulla convinta della solidità dell’accusa. Anzi riflette e poi chiede l’archiviazione, la quale viene definitivamente disposta dal gip nel maggio del 2021.