La pandemia, a due anni dal suo scoppio, possiamo riassumerla come una serie di esperienze traumatiche che ci hanno aperto gli occhi: tra la paura di rimanere bloccati e il pericolo di una pesante recessione economica, una di queste esperienze è stata la chiusura forzata in casa che ha messo in luce i problemi di fondo del nostro ambiente domestico. In questa discussione è emerso come il lavoro domestico rappresenta ancora un problema per le donne perché, nonostante i decenni di lotta per la parità, nell’intimità delle nostre case si è lontani ancora dall’attuarla. Il primo punto da affrontare è il carico mentale, infatti oltre alla fatica fisica, il logorante lavoro mentale per organizzare la cucina, la spesa, la cura dei figli e le pulizie, che può sommarsi anche alla propria professione, diventa ingestibile per le donne della famiglia a cui, per il sistema patriarcale inconsapevolmente interiorizzato nella nostra morale, deputiamo il compito di tutelare la casa. Infatti anche se negli ultimi anni si è registrato un cambio di educazione per cui anche partner e figli collaborano, la direzione domestica rimane a carico delle madri/figlie.
Da questo disequilibrio tra uomo e donna per le mansioni domestiche si apre un secondo scenario per cui si svela come il lavoro domestico e di cura sia costantemente svalutato e, sebbene sia un lavoro a tutti gli effetti, non è retribuito.
Questo rappresenta forse il primo ostacolo per il raggiungimento della parità di genere e che mina ancora la sua avanzata. Infatti per quanto ci possa essere collaborazione all’interno di un nucleo familiare c’è un compito che non potrà mai essere affidato ad altri se non alle donne: il lavoro riproduttivo. Lo sa bene la filosofa Silvia Federici, italiana naturalizzata statunitense, che a partire dai suoi trascorsi personali e dall’adesione alle idee femministe sviluppa il pensiero che si debba istituire una retribuzione per il lavoro riproduttivo e domestico. Questa tipologia di lavoro sta alla base del mercato mondiale perché è l’unico che permette la creazione e il sostentamento della forza lavoro che manda avanti il sistema capitalista. Ma da esso viene completamente dimenticato. Per dimostrarlo riprende le idee marxiste di “accumulazione originaria”, cioè l’idea per cui il capitalismo si avvia da un accumulo di beni che permette all’uomo imprenditore di investire. Il substrato storico e culturale che ha permesso infatti all’uomo europeo di industrializzare il continente si deve al potere e al denaro conquistati con feroci politiche di sfruttamento della schiavitù, degli indigeni, dei terreni coloniali ma soprattutto, secondo Federici, del lavoro domestico delle donne.
Imputa infatti l’inizio di questo disconoscimento del lavoro riproduttivo alla caccia alle streghe, come spiega nel suo libro “Calibano e la strega”, momento storico in cui inizia l’accumulazione da parte dell’uomo attraverso la sottomissione del corpo femminile; per di più secondo la professoressa americana l’accumulazione non è stata un precursore del capitalismo (come teorizzato da Marx) ma anzi è andata avanti ed esiste ancora continuando a permetterne l’esistenza.
La non retribuzione equivale al non riconoscimento, perché dove c’è retribuzione si riconosce il potere economico che permette di attribuire potere alle donne.
Essere consapevoli delle nostre azioni e del valore che esse hanno sono fondamentali per reclamarne il giusto riconoscimento. Probabilmente la tesi di Federici è troppo audace per le nostre sensibilità e difficile da attuare concretamente, ma sicuramente se ogni donna venisse ripagata per le proprie gravidanze molte di loro avrebbero più opportunità economiche e sociali, soprattutto le donne dei Paesi in via di sviluppo.