Questo libro è per te, se hai deciso di cominciare ad esplorare te stesso. Questo libro è per te se quando senti il tuo cognome all’appello non ti riconosci subito e rispondi in ritardo; se quando il professore spiega, guardi fuori dalla finestra; se non sopporti i momenti di silenzio durante le chiamate e parli incessantemente; se quando devi andare a dormire hai paura del silenzio e della solitudine del buio.
Non devi avere paura: spesso colmiamo il nostro vuoto riempiendoci degli altri, vivendo senza renderci conto che quello che ci spaventa è in realtà il dialogo con noi stessi. È nella nostra stessa natura fuggire da qualcosa di troppo grande e complesso come l’Io.
Il romanzo – lungo solamente una novantina di pagine, il cui tema principale è la solitudine – si compone delle memorie di quattro notti e un mattino. Figura centrale del romanzo è l’uomo sognatore, che oltre a fare da protagonista è voce e commentatore delle sue stesse vicende. L’autore lo lascia innominato, per parlare di sé e dare voce alle sue memorie in prima persona, oppure (forse, e più romanticamente) per far sì che ognuno di noi possa immedesimarsi nell’uomo sognatore.
Il protagonista vaga instancabilmente per le strade della sua Pietroburgo, isolato da qualsiasi rapporto affettivo e chiuso in uno sterile universo di invenzioni e fantasie della mente. Egli vive raccogliendo brandelli delle vite altrui: scruta i visi per indovinare le emozioni, ascolta conversazioni, rivive col pensiero quegli scenari che gli vengono presentati. In quella vita piatta e monotona farà il suo ingresso la dolce Nasten’ka, la quale, passeggiando durante una sera silenziosa, entra nel mirino di un uomo ubriaco, che per poco non l’aggredisce; verrà mirabilmente tratta in salvo dal nostro protagonista, che passeggiava per quella stessa strada. La ragazza gli dimostrerà la sua gratitudine ed egli le rivelerà la sua miserabile condizione di uomo solo.
Per la gioia di parlare con qualcuno, i suoi occhi si velano di lacrime. Quell’incontro sfortunato è solamente il primo di una serie e i dialoghi tra i due, nelle notti successive, saranno tanto commoventi quanto bizzarri e sconvenienti. Per mezzo di essi i protagonisti compiranno un viaggio attraverso i meandri più bui della psiche e della coscienza umana. E niente ci vieta di immaginare che, ancora oggi, sullo sfondo di una magica Pietroburgo, si staglino due sagome stravaganti, le quali, adagiate sulla stessa panchina, discutono con l’animo diviso tra l’indifferenza e la compassione, l’orgoglio e la gratitudine, l’amicizia e l’amore.
Fëdor Michajlovic Dostoevskij nacque a Pietroburgo nel 1821. Dedicò la sua vita all’analisi dei misteri dell’animo umano, pubblicando moltissimo e lottando per il diritto alla libertà di stampa (lotta per la quale fu condannato a morte e poi, invece, a riscattare la propria vita con quattro anni di lavori forzati). Morì a Pietroburgo nel 1881, non prima di averci lasciato una serie di libri e trattati immortali.
“Un giorno tu ti sveglierai e vedrai una bella giornata. Ci sarà il sole, e tutto sarà nuovo, cambiato, limpido. Quello che prima ti sembrava impossibile diventerà semplice, normale. Non ci credi? Io sono sicuro. E presto. Anche domani.”