“L’ARTE DI ESSERE FRAGILI”

“Viviamo un’epoca in cui si è titolati a vivere solo se perfetti. Ogni insufficienza, ogni debolezza, ogni fragilità sembra bandita. Ma c’è un altro modo per mettersi in salvo, ed è costruire, come te, Giacomo un’altra terra, fecondissima, la terra di coloro che sanno essere fragili”. È così che Alessandro D’Avenia nel suo libro “l’arte di essere fragili”, rivolgendosi al suo caro Giacomo Leopardi, discute su ciò che è fragile e si rivela prezioso. E oggi più che mai, nella società dei più forti, la fragilità è diversità. Dunque, cos’è la diversità? Secondo il vocabolario Treccani, la diversità è l’esser diverso, non uguale né simile: d. d’aspetto, di colore; d. di opinioni, di gusti; d. biologica, lo stesso che biodiversità. Anche, ciò per cui due o più cose sono diverse: notare le d.; queste d. vanno scomparendo. Ogni anno, da oltre un decennio, il primo venerdì di febbraio viene celebrata la “Giornata dei Calzini Spaiati”. L’iniziativa, inaugurata da una maestra di un asilo di Udine e poi divenuta virale, è volta alla sensibilizzazione riguardo un importantissimo messaggio: “il diverso è bello”. Perché ancora oggi il diverso è negativo? Perché ancora oggi ragazze/i omosessuali, donne e uomini di colore, persone affette da disabilità devono subire scherni, derisioni ed emarginazione? Tutti alla ricerca dell’omologazione, della totalità, della moda e nessuno che si batta per la valorizzazione di ciò che è diverso. «L’unica famiglia ammissibile è quella tradizionale. L’amore coniugale esiste solo tra uomo e donna. Gli extracomunitari non possono venire tra noi e rubarci il lavoro. Chi ha delle disabilità non può essere utile socialmente come noi». Ecco quali sono i pensieri dinanzi ai quali ci troviamo ogni giorno. Tuttavia l’amore è amore anche se tra due donne o due uomini, coloro che hanno il colore della pelle diversa dalla nostra, lavorando, contribuiscono alla crescita e allo sviluppo economico, intellettuale e culturale della nostra società proprio come noi, e ancora, soltanto chi vive nella propria quotidianità la presenza di persone affette da disabilità può capire quanto sia grande il loro dono nei nostri confronti: un amore e una gioia ineguagliabili. Eppure sin dai tempi più antichi a Sparta i bambini nati “deformi” erano destinati, per legge, ad essere gettati dal monte Taigeto e a soccombere alle fiere, poiché non si sarebbero rivelati dei buoni militi. Dunque il concetto di estraniazione del diverso ci è sempre appartenuto e oggi più che mai nella società in cui il pesce più grande mangia quello più piccolo per le sue diversità e fragilità non possiamo non parlare di questa grande piaga sociale. Già nel 1800 il celeberrimo filosofo Feuerbach ha affermato nel suo pensiero che l’uomo è bisogno, sensibilità e amore che ammette la necessità degli altri. L’«io» non può vivere senza il «tu». Ma il «tu» a cui dobbiamo fare riferimento è l’altro, quello diverso da noi, che ci completa nelle nostre mancanze. E allora ribelliamoci ad un pensiero totalizzante, ribelliamoci al mondo che accoglie esclusivamente i più forti, coloro che sono perfetti, perché in verità la perfezione non è unicità, ma pluralità; non è il singolo, ma la comunità. Ebbene sì, le nostre fragilità ci arricchiscono, ci completano e ci rendono speciali.