Nicola Gratteri nasce a Gerace nel 1958, terzo di cinque figli, e sin da giovanissimo viene a contatto con l’ambiente mafioso. In uno dei tanti libri scritti con Antonio Nicaso (La Malapianta), egli dichiara che nella classe del suo liceo c’era la figlia di un boss e che al compagno di banco avevano ammazzato il padre in un agguato di mafia, ma la vera ispirazione alla legalità è arrivata dai consigli dello zio Antonino, in punto di morte per un tumore al pancreas. Dopo aver conseguito la laurea in giurisprudenza a Catania in quattro anni e dopo aver fatto da uditore nei processi per due anni, entra in magistratura nel 1986. Superato il concorso, poteva benissimo andare a Genova, o a Milano, o a Bologna, ma decide di rimanere a Catanzaro. Già tre anni dopo la sua entrata in magistratura arrivano lettere e telefonate di minaccia. Addirittura sparano dei colpi di pistola alla finestra della futura moglie di Gratteri, dicendo che sta per sposare un uomo morto; dal 1989 vive, quindi, sotto scorta. Nella sua carriera è stato protagonista di varie indagini, su tutte quelle della faida di San Luca, che ha mietuto molte vittime e che è culminata nella strage di Duisburg il 15 agosto 2007. Nel 2005 viene scoperto da alcune intercettazioni ambientali che era pronto un attentato nei suoi confronti: qualche giorno dopo viene rinvenuto un arsenale a Gioia Tauro, comprendente pistole, lanciarazzi, un chilo di plastico, kalashnikov. Ma non si è mai fermato e, sotto la sua direzione, la Procura della DDA di Catanzaro ha arrestato più di quattrocentosettanta persone e ha avviato il processo “Rinascita Scott”, il primo maxi-processo alla ‘ndrangheta, che si sta svolgendo nell’aula bunker di Lamezia Terme. Un processo di cui non si è parlato molto in TV o nei telegiornali, ma che dovrebbe fare scalpore, perchè si tratta di un duro colpo assestato alla mafia calabrese, e rappresenta “una pietra angolare del muro contro le mafie”, stando alle parole del magistrato.