Cenni biografici: Bernard Dika, classe 1998, di origini albanesi, si è trasferito in Italia all’età di pochi mesi. Studente di Giurisprudenza presso l’Università di Firenze, è molto popolare tra i giovani e sui social. Ha ricevuto l’onorificenza di Alfiere della Repubblica Italiana il 13 dicembre 2016 dal Presidente della Repubblica Italiana Sergio Mattarella per il suo impegno nello stimolare i giovani a partecipare attivamente alla vita pubblica e per sua attività da Presidente del Parlamento degli Studenti della Toscana.
• Viene spontaneo chiederti: cosa si prova ad essere insigniti del prestigioso titolo di Alfiere della Repubblica Italiana? Sicuramente è una bella emozione perché ricevere questa benemerenza è ripagante da tutte le attività svolte, ma io dico di non fermarci qui, anzi, si deve fare di tutto per poter coinvolgere più persone possibili e continuare a portare avanti le battaglie con ancora più dedizione.
• Hai parlato di portare avanti delle “attività”. Quali di queste hai portato avanti per essere riconosciuto come Alfiere? Le motivazioni che porto al Quirinale alla consegna del riconoscimento sono tre; la prima è questa: aver fatto molte attività sul tema della memoria storica affinché la generazione nostra di tutta Italia (anche se sono attivo soprattutto in Toscana) possa conoscere la storia del ‘900 e principalmente le stragi nazifasciste perpetrate in quel periodo, ma soprattutto affinché si possa attivare nelle tante discriminazioni, di cui abbiamo notizia, ogni giorno, nel mondo. Le altre motivazioni sono queste: ho portato avanti battaglie per l’edilizia scolastica nel Parlamento degli Studenti. È proprio lì, infatti, che io, presidente del Parlamento, assieme agli altri rappresentanti degli studenti, sono passato dalla protesta alla proposta, ovvero alla registrazione nero su bianco dei problemi che le scuole toscane vivevano. L’ultima motivazione è questa: l’attivismo volto a risolvere i problemi riguardo al trasporto locale degli studenti pendolari. Noi non solo abbiamo protestato, ma addirittura abbiamo parlato con i dirigenti delle aziende che si occupano del trasporto locale per dare l’esempio di chi lo studente deve essere: non soltanto chi studia sui libri, ma anche parte attiva della cittadinanza.
• È noto come tu ti batta fortemente per una “Europa unita tra i popoli”. Cosa ti spinge a sostenere questa battaglia e, di conseguenza, quali sono i fattori per cui porti avanti questa tua idea? Chi è nato a partire dagli anni ’90 non ha vissuto il dramma della guerra, il dramma di un’Europa con dogane ai confini. Ci sembrerebbe strano al confine con la Francia trovare la polizia, anche perché potremmo preoccuparci. Al giorno d’oggi ci è più difficile andare in Calabria che andare in Francia partendo da Roma. Ma essere uniti così non basta. Se si continua in questo modo noi potremmo essere l’ultima generazione a studiare la geografia a scuola con al centro l’Europa e l’Italia. Inoltre dobbiamo essere uniti per affrontare i problemi che non possiamo risolvere da soli, come il tema ambientale, la crisi sanitaria, il terrorismo internazionale… Se quest’Europa non si rafforzasse ora, molte nazioni potrebbero dire che l’Europa non ha senso.
• Cosa ne pensi dell’azione dell’Europa nei confronti delle nazioni messe in difficoltà dalla pandemia e soprattutto dell’Italia? Pensi che al momento la Germania sia la nazione egemone? L’egemonia deriva dalla potenza economica e della popolazione. La Germania conta più di 70 milioni di persone mentre l’Italia poco più di 60 milioni. Ma la Germania dovrebbe ricordare il suo passato. Per chi non lo sapesse, fu grazie all’Europa che la Germania ora è una delle massime potenze europee, perché la Germania Ovest, unendosi alla Germania Est dopo la caduta del muro di Berlino dell’89, ricevette investimenti dall’Europa. Investimenti che ad ora hanno ripercussioni positive per la Germania. L’Europa non sta agendo bene nei confronti dell’Italia. Paesi come Olanda, in Particolare, lucrano sulle disgrazie altrui, quando in realtà non dovrebbero esserci queste concorrenze sleali, senza dimenticare che anche l’Olanda ha accolto alcune aziende italiane. Ritengo, quindi, che l’Europa debba sicuramente agire in modo diverso, ma credo che debba altresì agire coesa ed unita nei confronti di Italia e Spagna. • Considerando il Coronavirus, secondo la tua opinione, il MES può essere positivo o negativo per l’Italia? Quali sono i fattori che motivano la tua risposta? Secondo me il MES non è la risposta adatta alla pandemia che sta mettendo in ginocchio alcuni Paesi dell’Unione Europea. Si dovrebbe invero studiare un altro piano di aiuti. L’unico fattore per cui motivo la mia risposta è la situazione attuale: secondo il mio parere non si deve avere liquidità, ma si ha il bisogno di fare un debito per poi, di conseguenza, fare investimenti. Solo facendo investimenti su strade, autostrade, industrie etc. si può ripartire e si può rialzare il Paese. • Quindi tu consideri positivi o negativi i Coronabond? E quali sono i fattori che motivano la tua risposta? Io considero positivi i Coronabond per il seguente fattore: la Banca Centrale Europea, comprando dei titoli di Stato italiani, permette al Paese di avere più liquidità per investire conseguentemente su infrastrutture, industrie, lavoro, salute, imprese etc., cosicché, non appena finirà il pericolo di contagio, si possa ripartire.
• Secondo te, le norme promulgate dal Governo attuale sono abbastanza forti da permettere che la pandemia rallenti o che si possa sconfiggere lentamente? La situazione è eccezionale; mi fanno sorridere coloro che vogliono dare grandi lezioni. Ricordiamo che siamo nel periodo più difficile dal Dopoguerra e perciò, essendo in una situazione d’urgenza, vengono prese decisioni forti; anche se alcuni non condividono ciò che è deciso, al momento dobbiamo rispettare ciò che ha deciso il Consiglio dei Ministri. Però credo che si poteva anche fare di meglio.
• In generale si nota che non molti giovani si interessano di politica e di attualità. Perché la nostra generazione, sempre generalizzando, non si interessa di ciò che succede al giorno d’oggi? I giovani della nostra generazione non si interessano di politica perché siamo caduti nel dramma dell’indifferenza. L’indifferenza oggi è il voltare le spalle davanti alle ingiustizie o alle difficoltà che ci troviamo ogni giorno; è qualcosa di più: vuol dire fregarsene della vita propria, ma anche di quella dei figli, dei nipoti, di chi ci sta accanto.
Pensi che i giovani non seguano la politica perché vi è stata anche una caduta delle ideologie? Sì, è vero. Non ci sono più movimenti politici che fanno sognare (quando parlo di sogno non voglio utilizzare la retorica, bensì voglio parlare di un obiettivo da perseguire) e che fanno sì, tramite le loro idee, che quel sogno si realizzi, cosa che invece succedeva nella Prima Repubblica, dove i grandi partiti parlavano dell’avvenire, facendo sì che gli iscritti ai partiti credessero in quei sogni e li inseguissero. Invece trovo che i partiti che compongono il Parlamento adesso non parlino molto dell’avvenire, ma piuttosto dei fatti che accadono quotidianamente, non permettendo alle persone di sognare e parlare di futuro.
• Cosa vorresti dire a questi giovani per spronarli a vedere il panorama politico? Fare politica oggi significa non essere necessariamente iscritti ad un partito (anche se ciò è importante), ma significa banalmente essere cittadini. Significa anche non voltare le spalle e arrendersi alle ingiustizie e alle difficoltà, conseguentemente significa cambiare il mondo nel suo piccolo. Per cambiare il mondo e per far sì che non ci siano più così tante ingiustizie non vi è fondamentalmente bisogno di grandi azioni, ma bastano anche piccole azioni quotidiane fatte da tutti noi!
• Secondo te, come si possono coinvolgere i giovani nel fare politica? Si possono coinvolgere i giovani nel fare politica impegnandoli a informarsi anche del passato. Spesso si parla di notizie come il conflitto America – Russia, ma il il giovane non si interessa del fatto perché non ha conosciuto a fondo la Guerra Fredda, o si parla di conflitto israelo-palestinese senza che loro sappiano come sia nato Israele, visto che quasi mai si approfondisce bene la storia contemporanea a scuola. Tutto questo perché quasi mai si fa informazione dell’attualità a scuola o in famiglia e chi vuole informarsi deve farlo da solo.