Mercoledì 25 marzo 2020 si è “celebrato” il primo Dantedì della storia. Ma di cosa si tratta? In realtà si intuisce dal nome, questa occasione ricorda il grande poeta fiorentino Dante Alighieri. Tutto nasce il 18 giugno 2017 quando in un corsivo del giornalista e scrittore Paolo Di Stefano sul «Corriere», in vista delle celebrazioni, nel 2021, del settimo centenario della morte di Dante (nel 1321), proponeva di istituire una Giornata dantesca nel calendario laico del nostro Paese con manifestazioni di vario tipo. Con il linguista Francesco Sabatini veniva così coniato il termine «Dantedì», che ha poi dato il nome alla Giornata istituita dal Governo su proposta del Ministero per i Beni e le attività culturali (Mibact). Sono subito nate tantissime iniziative lungo tutto lo stivale, iniziative che però nessuno avrebbe mai immaginato esclusivamente in digitale. Certamente questa prima edizione in “esclusiva web” ci porta a riflettere sul progresso tecnologico, alla tecnologia come risorsa, alla tecnologia tanto bistrattata che solo oggi assume il compito che da sempre avrebbe dovuto assolvere, cioè di avvicinare e di unire. Le città sono vuote, le strade, le aule, le biblioteche, i musei, anche le piazze da sempre luogo di ritrovo, di aggregazione e di scambio. Tutto sembra tacere eppure per fortuna abbiamo questa tanto contestata tecnologia e grazie ad essa la voce Dante è arrivata da nord a sud in ogni aula virtuale, ha riempito il silenzio di tutte le piazze trasformando l’Italia intera in una unica grande piazza.
Dopo quasi 700 anni, Dante può finalmente avere quel riconoscimento che non ha mai visto. Una vita complicata, segnata dell’esilio e dall’ostilità dei potenti che gli ha reso l’esistenza difficile per quel suo andare dritto, lasciando «pur grattar dov’è la rogna», consapevole di tutte le conseguenze del caso, nel bene e nel male. E dire che, quello che oggi definiamo Sommo Poeta e che è considerato in tutto il mondo tra i più grandi della letteratura di sempre, con Omero e William Shakespeare, non ha mai avuto l’alloro poetico, nonostante l’iconografia comune lo ritragga con la testa coronata.
Oggi quindi si tratta di un’incoronazione, sebbene tardiva, da accogliere con favore e da celebrare. Anche noi, come I.I.S.S. Ugo Foscolo abbiamo voluto partecipare per ricordare il Sommo Poeta ed essendo impossibilitati a farlo fisicamente, ci siamo riuniti in videoconferenza. All’incontro, organizzato dalla professoressa Emanuela Di Naro, hanno partecipato le professoresse Raffaella Lo Brutto, Carla Carafa e il Dirigente scolastico Rossana Virciglio accompagnata dal Dottor Salvatore Nocera Bracco. Alla videoconferenza hanno preso parte le due terze (3A e 3B), una quarta (4A) del Classico e una quinta (5Al) del Linguistico. L’incontro è iniziato alle ore 12.15, qualche minuto dopo la recitazione del Padre Nostro da parte del Papa per la riconciliazione di tutte le comunità del mondo e per invitarle alla preghiera in considerazione dei drammatici avvenimenti che ci stanno addolorando. Dopo qualche minuto di preparazione la professoressa Di Naro ha cominciato a leggere il canto XXVI dell’Inferno, il cosiddetto “Canto di Ulisse”, inducendo gli studenti a riflettere sulle parole dell’eroe della mitologia greca, le stesse che diedero a Primo Levi la forza di resistere ad Auschwitz, perché in quell’inferno Levi trovò un “appiglio di salvezza” e tanto più potrebbe servire a noi, in un momento così drammatico.
La terzina chiave del canto è la seguente (vv. 118-120):
Considerate la vostra semenza:
fatti non foste a viver come bruti,
ma per seguir virtute e canoscenza.
La virtù che ci viene richiesta in questo momento dal poeta è sicuramente la resilienza. Resilienza che ci permetterebbe di affrontare questo momento senza farci travolgere, in modo da non uscirne sopraffatti, ma certamente più consapevoli della fragilità umana, più consapevoli dei veri valori da privilegiare e di cui riempire la nostra vita talvolta stracolma di banalità, più consapevoli di quanto sia fondamentale vivere in libertà, libertà di viaggiare animati dalla sana curiosità di scoprire nuovi paesi e culture linfa vitale del corpo e dell’animo umano, più consapevoli che proprio la curiosità e l’amore per la conoscenza può rendere migliore noi stessi e il mondo in cui viviamo da offrire in dono ai nostri posteri.
Dante nel mezzo del cammino si ritrovò in una selva oscura, oggi a noi sembra di avere smarrito la dritta via, ma insieme, come ormai da tanto tempo non avveniva, ne verremo fuori e quel giorno un abbraccio, un bacio e la stretta di una mano avranno tutto un altro significato, una nuova e ritrovata intensità.